GENTILESCHI Milano: "Quando le energie si muovono..."

Quello di Gemma deve essere solo il primo di una serie di progetti praticabili nell’ambito scolastico che intendiamo far conoscere. Può servire da esempio ai docenti per svilupparne altri, anche con tematiche diverse. E’ nutrendosi di questi contributi che l’ ASSOCIAZIONE NON UNO DI MENO vuole crescere.

QUANDO LE ENERGIE SI MUOVONO.....le "buone pratiche" diventano azioni

Corso di filosofia triennio linguistico: argomento l’identità dal punto di vista filosofico per l’acquisizione di strumenti, nella pratica come costruzione di sé.

Nelle nostre classi ci sono anche loro “gli stranieri” ragazzi e ragazze di prima o seconda generazione, appena arrivati o nati in Italia con lingua materna diversa, conosciuta bene, poco o rimossa. Il periodo tra i 16 e i 19 anni è denso di domande su un’ identità che si cerca. Per loro la ricerca è più complessa, non solo nelle possibili risposte ma anche nella formulazione di domande. La distinzione fra chi sono e cosa sono può lasciarli spaesati, non insediati; per loro definire un’ appartenenza culturale, un confronto tra i diversi comportamenti che pure vengono richiesti, crea confusione, o addirittura conflitto.

Il Laboratorio Multiculturale (in gergo scolastico un incontro settimanale in aula di filosofia con la presenza del mediatore culturale Davide Caselli), è nato soprattutto per dare spazio, ascolto a qualcosa di “sentito” ma difficile da dire.

L’obiettivo, genericamente espresso, è stato la ricerca di un equilibrio tra cultura di appartenenza e cultura ospitante. Ci siamo mossi come spunto iniziale da tre elementi: l’incertezza del “viaggio compiuto” la quotidianeità di quello in atto nel concreto e come spostamento dentro di sé, infine il viaggio desiderato.

Tatiana, Kuteis, Noha, Hala, Adriana, Liliana, Caesar ,Ciaojeh, Daisy, Lina, Danilo, Daniela hanno cominciato ad interagire, vincendo diffidenza e pudore e costruendo gradualmente un cerchio relazionale, in cui sia io che Davide siamo entrati come osservatori-partecipanti.

Piacevole imprevisto: si sono affacciate all’aula di filosofia studentesse italiane “possiamo partecipare anche noi?”. E sono arrivate Stefania, Valeria e Giorgia.

La straordinaria riflessione di Maria Zambrano sull’esule come condizione esistenziale, è illuminante:”Credo che la condizione dell’esule sia una condizione essenziale della vita umana” E a proposito dell’ospitalità sempre la filosofa spagnola scrive “C’è stata sì gente che ci ha aperto la porta ci ha fatto sedere alla sua tavola ma eravamo ospiti, invitati. Noi chiedevamo che ci lasciassero dare poichè portavamo qualcosa che ne lì né altrove nessuno aveva. Qualcosa che quanti abitano stabilmente non hanno mai. Qualcosa che ha solo l’errante, colui che ha provato il peso del cielo senza terra che lo sostenga” M. Zambrano “La tomba di Antigone”

Questo gruppo di ragazze e ragazzi arrivatie/i in momenti molto diversi della loro vita da Ecuador, Colombia, Moldavia, Serbia, Perù, San Salvador, Marocco, Egitto, Azerbaigian, Cina, Filippine, senza saperlo davvero, non hanno voluto più essere solo ospiti ma esserci e mantenere la loro specificità prendendo e donando come in ogni relazione.

Lo spunto filosofico di Maria Zambrano e altri spunti antropologici hanno provocato parole talvolta pesanti come pietre, emozioni che stentavano ad essere dette: il dolore della separazione, la gioia del ricongiungimento, le umiliazioni per una frase, uno sguardo, un gesto.Tutto questo ed altro ancora è stato pensato, rielaborato, scritto, disegnato. Qualche nodo si è sciolto, non è sempre facile fare i conti con ricordi che evocano smarrimento, estraneità, non insediamento perché l’insediamento è qualcosa di più dell’integrazione, significa poter agire ed avere voglia di farlo per “saper trattare adeguatamente con l’altro” (ritorna l’esperienza di esule di Maria Zambrano).

Il processo di riflessione su di sé ad un certo punto è partito, individualmente nelle modalità, ma forte del senso della relazione. Un po’ sottovoce abbiamo cominciato a pensare “si può non sentirsi sempre ospiti”

Ed è arrivato anche il momento di dirlo un po’ più forte, abbiamo sentito il desiderio di raccontarlo ai nostri compagni e compagne, agli insegnanti ed alle insegnanti, ai genitori; si sono creati i tabelloni che hanno costituito la mostra “Uccelli migratori“.

L’atmosfera è diventata sempre più distesa, ragazze e ragazzi contavano ormai sulla relazione tra di loro e con noi, ridevano di sé, si scambiavano battute, pensavano in lingua materna aiutandosi a tradurre in italiano. I tabelloni molto personali: Hala ha preso in prestito la poesia “Preferisco” di W. Zimborska per raccontare i suoi sogni, Tatiana, da sempre innamorata della scrittura, ha scelto il testo che la e ci rappresentava meglio.

Altri, altre hanno scritto liberamente sul paese di origine, hanno utilizzato spesso le foto perché in esse hanno visualizzato la vecchia identità, i legami lasciati da un’altra parte, i nuovi, talvolta faticosamente, costruiti.

Caesar ha compiuto un lavoro straordinario perché ha raccontato con i documenti (dal passaporto ai primi biglietti dell’atm ai libretti scolastici) un viaggio reale ed emotivo.

Quando la mostra è stata presentata in istituto per la prima volta la tensione era palpabile anche se unita ad una allegria finalmente mostrata: scomparso il cipiglio di Noha, le ansie anche familiari di Hala, la timidezza di Kuteis, tutte e tutti trascinati dalla vitalità di Tatiana e di Caesar e dalla fiducia e dal sostegno di una collega, che ha intuito quale movimento quelle parole avevano messo in moto e che era necessario mostrarlo.

A tabelloni appena montati è arrivato un scrittore rumeno MIhai Butcovan autore, tra l’altro, delle poesie di “Borgo farfalla” e di uno stralunato ma mica tanto “Allunaggio di un immigrato innamorato”.

Nel confronto/racconto Lina ha sintetizzato un’ emozione comune affermando che”durante le ore di laboratorio, mi sono sentita finalmente libera perché non dovevo scegliere se essere straniera o italiana. Ero "io” la curiosità e l’interesse che i tabelloni hanno provocato negli altri studenti e studentesse dell’istituto è stata una gratificante sorpresa, il sostegno e l’apprezzamento di alcune colleghe lo abbiamo trovato rassicurante e lusinghiero.

E il 19 aprile 2009 (2 anni dopo) la mostra è uscita dall’istituto per essere presentata nell’ambito di una giornata su Libertà e Diritti. E’ stata l’occasione per uscire in pubblico, presentarsi a persone estranee alla scuola, ridirsi. Gli “uccelli migratori” si sono reincontrati più adulti, hanno ritrovato la vecchia intesa, tirato le fila, e reciprocamene si sono restituiti e mi hanno restituito quello che ci siamo regalate, soprattutto la fiducia necessaria per dirsi.

I loro sms , le loro mail dicono questo “Prof. abbiamo avuto la possibilità di mostrare la nostra identità e la nostra diversità….orgogliosi”

Suggeriscono esperienze future

“Ci pensi prof. pensiamoci tutti, gli uccelli migratori con le nuove esperienze fatte e le nuove competenze acquisite, possono contribuire con lei per gli altri e le altre stranieri e straniere”.

E ci abbiamo pensato davvero; una delle studentesse del laboratorio è diventata mediatrice culturale e abbiamo organizzato, tra 1000 difficoltà e con i tagli che ci pesano sul capo, un altro laboratorio.

Mi è parso un bel ritorno quello di una studentessa immigrata che è in grado nella sua ex scuola, con la sua ex insegnante, di riproporre una esperienza che sarà comunque diversa perchè diverse sono le persone. Non so come proseguiremo in questa tetra atmosfera con diversità sempre più rifiutate anche a scuola. Perfino lì.

Ma tenacemente ci ritentiamo perchè "Lei lo sa prof. a scuola si può fare anche questo"

24 11 2009 Prof.ssa Gemma De Magistris Istituto "Artemisia Gentileschi" Milano


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Data ultima modifica: 27 luglio 2016