BUONA SCUOLA, BUONA BANCA: una faccia una razza

In tempi come questi, come si fa a far credere agli italiani che le cose vanno bene? Semplice!

Basta mettere davanti ad un nome, che definisce l’oggetto di interesse, un aggettivo: “BUONA” (anche al genere maschile, a seconda del nome che precede).

Esso può essere in italiano o in inglese (non è importante), ciò che importa è che la gente si senta ripetere la parola “buona”, in tal modo associ il termine “buono” ai contenuti… tanto per capirli davvero ci vuol tempo e fatica: due cose che, in tempi come questi, la maggior parte delle persone non vuole impiegare.

“Buona Scuola” e “Buona Banca” sono fra gli esempi più chiari; la scuola diventa “buona” per definizione e, allo stesso modo, fa la banca. Le domande giuste dovrebbero essere: “Buona” perché? “Buona” per chi?

Invece dietro l’aggettivo “buona”, le cosiddette “buona scuola” e “buona banca” nascondono l’interesse a creare dei piccoli consumatori, incapaci di senso critico e adatti a sopravvivere in maniera precaria per il tempo che serve a far ingrassare i nuovi predatori sociali di questa spudorata giungla sociale che è la società dei consumi.

La “buona scuola” vuol trasformare la scuola della Costituzione in un’azienda dove la prepotenza è dilagante, la competizione d’obbligo ed il conflitto perpetuo. Non è interessata a formare futuri cittadini.

La “buona banca” vuol rifare il trucco a quattro banche fallite per incapacità di chi le ha governate: Banca Marche, Etruria, CariChieti e CariFerrara. Anche lei non è interessata ad avere a che fare con futuri cittadini istruiti.

Per capirlo basta conoscere il testo della legge 107 sulla scuola e poi, ad esempio, il comunicato (https://www.carife.it/it/notizie-dett.php?id=725) di un paio di settimane fa, pubblicato sul sito della Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara, in cui l’Istituto annuncia di aderisce all’iniziativa Bimbi in Ufficio

(http://www.corriere.it/economia/finanza_e_risparmio/16_aprile_26/bimbi-ufficio-2016-festa-si-accende-27-maggio-83d79f16-0ba1-11e6-a8d3-4c904844517f.shtml

Dopo l’introduzione si legge:

“Al loro arrivo i bimbi – circa 150 – hanno trovato ad aspettarli album e pennarelli per disegnare: un modo simpatico per lavorare con mamma e papà, ma anche capire in che modo i più piccoli vedono la banca. Sulla prima pagina degli album messi a disposizione, infatti, c’era l’immagine di una banca da completare e colorare a seconda della propria fantasia. Il vero valore di una banca del territorio è servire generazioni di clienti, per questo tutto il management delle Good Bank abbraccia questa iniziativa.”

Tutto ciò a dispetto delle persone truffate dalla precedente gestione che hanno perso decine di migliaia di euro.

La parola “Buona”, prima di “scuola” e “banca”, è come una vetrina appariscente, illuminata e colorata che invita alla fiducia, fa credere che il “passato” sia tutto da “rottamare” ma poi nasconde un negozio dove gli articoli, apparentemente nuovi, sono avariati in partenza.

In tempi come questi, odio il termine “buono” perché è ipocrita, sdolcinato, riduttivo, incompleto e falso.

Un articolo di Mauro Presini maestro elementare


- visita la pagina iniziale del sito Nonunodimeno e fai una donazione on line:

www.nonunodimeno.net

Data ultima modifica: 26 settembre 2016