GLI ARROGANTI CANTORI DELLA "BUONA SCUOLA". VERSO LA MOBILITAZIONE

Colpevoli, Vostro Onore. Siamo colpevoli in molti. Rei confessi e per di più recidivi. Ma, forse, quando questo Paese avrà cessato di dimenticarsi della scuola pubblica, si degnerà di emergere da distrazione e indifferenza e di valutare i danni prodotti da decenni di politiche dell’istruzione devastanti; quando la sua difesa non sarà rubricata come una lotta corporativa, ma come tentativo di preservare un organo istituzionale; quando e se tutto questo avverrà, potremo non solo ridere, ma anche riflettere sull’arroganza della più impresentabile classe dirigente che le istituzioni italiane abbiano avuto.

A cosa mi riferisco? La ministra Fedeli, coerente con il tanto sbandierato ruolo di ascolto delle istanze e pacificazione dei rapporti tra Miur e insegnanti - dopo aver consentito la presentazione quasi fuori tempo massimo di 8 deleghe che portano a compimento violentemente il percorso di distruzione della scuola inaugurato con l’approvazione della legge 107 e avere in fase di audizione garantito esclusivamente un restyling di facciata (non sostanziale) della delega sul sostegno, incompresa - a suo dire - dai più, e fonte potenziale di ulteriore pericolosa avversione della scuola nei confronti del Governo – esce allo scoperto, impartendo ai docenti italiani una magnifica lezione di bon ton e di .... deontologia professionale:

"Non si può dire - pontifica - che sono state ‘deportate’ le persone, qual è l’insegnamento che diamo? Non si può usare la parola ’sceriffo’. Puoi non essere d’accordo sulla scelta in cui si è superato il precariato, è legittimo, ma attenzione al linguaggio che si usa”; infine stigmatizza “un linguaggio non degno di chi educa, di chi rappresenta la scuola”: bacchettate sulle mani in nome di una presunta assenza di correttezza e di coerenza con la propria funzione.

Fedeli – naturalmente – prima di aprir bocca, peraltro su una questione di lana caprina (forse anche a causa delle sue competenze specifiche pressoché nulle in merito alla materia che dovrebbe amministrare), ci richiama sul senso delle parole e sul modo di usarle.

Non entro nel merito della questione, ridicola in entrambi gli esempi. Pur evitando di usare personalmente la parola deportazione (che non mi piace, se riferita al trasferimento coatto e illogico di docenti in sedi molto lontane) non mi ha mai indignato sentirla evocare. (*)

La notazione sulla parola “sceriffo” – vagamente ammantata nel mio immaginario da reminiscenze di infanzia (lo sceriffo Sheridan) o di mamma (lo sceriffo Woody, in Toy Story) – mi fa sorridere ed effettivamente non coglie, perché troppo blanda, le prerogative che vengono attribuite dalla Buona Scuola al dirigente scolastico. Mi fa, invece, ridere, e a crepapelle, l’immaginario linguistico del neoministro, sull’attenti rispetto alle tendenze mistificatorie che hanno caratterizzato la comunicazione dei suoi predecessori: “puoi non essere d’accordo sulla scelta in cui si è superato il precariato”, sostiene.

Metto da parte osservazioni sull’incertezza della sintassi e osservo che a) non esiste nesso tra il preside (mettiamo pure) sceriffo e una ipotetica soluzione del precariato, b) il problema del precariato non è stato affatto risolto, c) si è messo mano al tentativo di limitarne la consistenza, dal momento che una sentenza della Corte di Giustizia Europea ci ha obbligato a farlo. (**)

La signora Fedeli dovrebbe quindi preoccuparsi di non dire panzane, invece che improvvisarsi censore della libertà di espressione dei docenti. Che, sia detto per rinfrescarle le idee, in questi anni sono stati dileggiati – grazie allo spregiudicato rampantismo di molti membri del suo partito – da una torma di cantori del pensiero unico e della modernità neoliberista.

Come Mila Spicola, prima implacabile pasionaria anti-Gelmini, poi sostenitrice acritica della Buona Scuola dalla poltrona assegnatala al Miur.

Come il sottosegretario Davide Faraone (il 4 maggio 2015, alla vigilia dello sciopero più partecipato della storia della scuola, profetizzò: “Domani in piazza ci sarà una minoranza del paese, la più chiassosa, ma sempre di minoranza si tratta. I sindacati conservatori costruiscono le paure e poi le cavalcano”), così popolare tra il personale della scuola e così titolato da essere passato nel governo Gentiloni alla Sanità.

Come il figlio d’arte Marco Campione, la cui expertise nasceva probabilmente dal non aver lavorato a scuola nemmeno un giorno.

Come l’ex ministra Giannini, che ebbe a suo tempo (primavera 2015) il coraggio di sostenere che: “La riforma della scuola sta procedendo con un dibattito parlamentare che tiene conto di tutto il dibattito, anche quello che è stimolato dagli insegnanti”.

Quanto a Matteo Renzi, è andato dalla minaccia demagogica con evocazione antisessantottina virtuale ("Non è con un fischietto in bocca e urlando che si migliora la scuola: se la Buona scuola non passa continuerete a fischiare senza incidere sull’educazione dei nostri figli") alla protervia auto-preconizzante (“Ho appena rischiato di andare sotto riguardo all’Italicum, figuriamoci se ci mettiamo a ‘concertare’, figuriamoci se dobbiamo bloccarci perché sindacati e docenti si ostinano a difendere una tipologia di scuola basata sull’ipocrisia”).

A proposito del linguaggio educativo di cui parla il ministro, e per chiudere questa rassegna, il miglior esempio è certamente Rondolino, uno che ai suoi avversari non le manda a dire: celeberrima la sua invettiva per le mancate cariche di polizia contro i manifestanti davanti al Senato durante l’approvazione forzosa della 107: “Ma perché la polizia non riempie di botte ‘sti insegnanti e libera il centro storico di Roma?”).

Particolarmente greve la metafora delle “capre deportate”, che il prode Fabrizio scagliava nei confronti di chi reagiva ai suoi tweet di insulti: ci voleva un giornalista dell’Unità per ricordarci i bei tempi in cui un galantuomo come Silvio Berlusconi usava nei confronti degli insegnanti che si opponevano l’epiteto di “comunisti”, categoria che per alcuni non costituiva per altro un insulto a nessun titolo.

Ma non tutto viene per nuocere. Mentre riceveva una delegazione dei movimenti che hanno chiesto il ritiro delle 8 vergognose deleghe che rischiano di stravolgere temi come
- l’inclusione scolastica,
- la scuola dell’infanzia,
- l’istruzione professionale,
- la valutazione e gli esami di Stato,
- la cultura umanistica,
- il reclutamento dei docenti,
- le scuole italiane all’estero,
- il diritto allo studio (negando naturalmente la possibilità di ritiro e persino tempi distesi che consentano l’interlocuzione), la ministra ammoniva il personale docente sull’uso delle parole.

Forse sarebbe meglio che spendesse il suo tempo a comprendere che questo ennesimo atto di autoritarismo configurato dalla potenziale, confermata approvazione delle deleghe determina un punto di non ritorno. Né le batoste elettorali, né il voto del 4 dicembre hanno fatto comprendere ai nostri miopi governanti che non è quella dell’imposizione la strada da perseguire. Ma – pervicacemente – insistono.

A noi non resta che fare altrettanto: sciopero dell’8 marzo, proclamato da Slai Cobas e Cobas, cui ha aderito, tra gli altri, anche la Flcgil, nell’ambito della giornata di sciopero generale delle donne di 40 paesi del mondo contro la violenza di genere;

sciopero del 17 marzo, indetto da OR.S.A.,CUB SCUOLA, FEDER ATA, ANIEF, USB PI-SCUOLA, COBAS SCUOLA, UNICOBAS SCUOLA contro la 107 e contro le 8 deleghe; elezioni amministrative; referendum contro il Jobs Act; partecipazione alla rete impegnata a costruire a Roma una grande mobilitazione popolare alternativa alle celebrazioni dell’anniversario del Trattato di Roma; quelli che furono i comitati per il NO, e che continuano a chiedere che la Costituzione venga applicata.

Infine, arriveranno finalmente le elezioni politiche. E sarà lì che occorrerà far comprendere definitivamente che la gestione di Viale Trastevere durante il triennio renziano è andata oltre le più fosche aspettative, assecondando l’inaccettabile svilimento dello stato sociale nel nostro Paese.

Marina Boscaino (7 marzo 2017)

- (*) "Mai più deportazione dei docenti"

http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=18098

- (**) "Precari scuola: nessuna concessione. Le assunzioni sono dovute"

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/26/precari-scuola-nessuna-concessione-le-assunzioni-sono-dovute/1235378/


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Data ultima modifica: 8 marzo 2017