ALTERNANZA SCUOLA LAVORO: "Studenti al posto di camerieri"

Nella sala colazioni di un hotel di San Pantaleo i camerieri in papillon sono quasi tutti napoletani. Nessuno è maggiorenne, perché tutti sono ancora studenti. A San Teodoro, nel giardino di un resort di lusso, all’ora della cena ogni giorno scende in campo una truppa ordinatissima di ragazzi siciliani: «Siamo qui per partecipare ai progetti di “alternanza scuola-lavoro” - racconta Antonella - Dovremmo imparare tutti i segreti di questa professione, in realtà siamo gli unici che lavorano». Organizzati in turni specifici, gli studenti distaccati negli hotel rimpolpano gli organici sempre più risicati delle strutture ricettive. Quelle della Sardegna, ma non solo.

L’idea iniziale era quella di uno stage più pratico del solito, ma il progetto si è ben presto trasformato. Ecco il risultato: nelle principali località turistiche italiane, proprio all’inizio della stagione delle vacanze, arrivano folte squadre di ragazzi da tutte le regioni. «Ogni giorno superiamo il numero delle ore previste – racconta uno di loro – Non possiamo rifiutarci, speriamo di essere richiamati anche l’anno prossimo. Saremo già diplomati, magari ci assumeranno e ci daranno uno stipendio». Che sia o no la solita illusione, di certo c’è che l’idea ministeriale di inserire le “lezioni pratiche” nei programmi delle scuole sta già degenerando. Con clamorose esagerazioni che coincidono con l’arrivo dei vacanzieri.

Le scuole alberghiere allevano bravi camerieri, piccoli chef e addetti al ricevimento e gli hotel li impiegano quasi a costo zero. «Un rimborso di 400 euro al mese con la scusa della formazione», denunciano i sindacati.

Mentre scoppia la polemica, qualche dirigente scolastico tenta di mettere un freno. La preside dell’istituto Ipsar di Sassari, per esempio, ha impedito che gli stage dei suoi alunni si prolungassero per tutta l’estate: «Io non voglio dire che gli albergatori vogliano sfruttare gli studenti per non fare altre assunzioni regolari – racconta Maria Luisa Pala – Dico un’altra cosa: la scuola non è l’ufficio di collocamento. Non dobbiamo infrangere i limiti imposti dalla legge sull’alternanza scuola-lavoro».

La regola principale è che ogni studente possa trascorre in un’azienda 400 ore nei tre anni prima del diploma. «Ecco, questo è il punto: noi abbiamo deciso che queste ore vengano suddivise equamente nell’arco dei tre anni – sottolinea la dirigente – Se concentrassimo gli stage in un solo anno, la scuola perderebbe la sua funzione: non si occuperebbe più di formazione, ma fornirebbe operai alle aziende. Ripeto: la legge non prevede che gli alunni vadano a lavorare, ma che si avvicino alle professioni e che ne scoprano i segreti pratici».

Negli hotel, in realtà, i ragazzini lavorano a pieno ritmo. Nelle cucine, nelle sale e anche alla reception. Turni veri, dal mattino a notte fonda. Domeniche e festivi compresi. L’idea di prolungare gli stage è venuta ad alcuni albergatori del Nord Sardegna e alla scuola di Sassari è stata proposta con la mediazione dei genitori. «Cosa avremmo potuto fare per assecondare la richiesta? – si chiede la preside – La decisione di suddividere le ore era stata già presa, anzi siamo convinti che sia l’unico modo per rispettare pienamente la legge e l’obiettivo di questi progetti. Io, sia chiaro, non sono contro questo tipo di formazione. Anzi. Non ne possiamo più di sentire che i nostri ragazzi non sanno far nulla quando finiscono la scuola. Per questo credo sia importante che entrino nelle aziende prima di finire la formazione. Devono imparare il lavoro, non lavorare e basta».

Un articolo di Nicola Pinna - La Stampa 05 07 2017


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Data ultima modifica: 10 luglio 2017