ORFANI DI FEMMINICIDIO: UNA LEGGE A META’

Caro Direttore, siamo Agnese Allasia e Giovanni Paolo Cornaglia, gli zii affidatari di due orfani di femminicidio. Abbiamo lottato per una legge sugli orfani di crimini domestici, avvenuta anche in Senato, e oggi siamo orgogliosi della conquista civile, ma siamo anche angosciati perché è una vittoria a metà. Il suo giornale può aiutarci a far comprendere le motivazioni della nostra preoccupazione e a far giungere alle autorità competenti il nostro appello.

Questa legge, pur eliminando gravi ingiustizie, dal punto di vista assistenziale si rivela carente e lontana dall’indennizzo diretto previsto dalla Convenzione di Istanbul. L’intervento assistenziale è una parte fondamentale per garantire a questi orfani nuove opportunità. Questa legge prevede assistenza medico- psicologica e borse di studio e di inserimento lavorativo.

Riguardo alle disposizioni in materia medico- psicologica, l’assistenza non può essere demandata solo al Servizio Sanitario nazionale, ma deve prevedere una scelta tra pubblico e privato, privilegiando l’efficacia della terapia. Inoltre è insufficiente, per gli oltre 1600 orfani stimati, l’incremento di 2.000.000 di euro annui al fondo di solidarietà, destinati a borse di studio e inserimento lavorativo.

Questi orfani possono contare sulle famiglie affidatarie: parentali, famiglie terze e comunità. Ed è fondamentale che nei decreti attuativi si introduca il concetto che l’affidamento degli orfani speciali è un caso «singolare» di affido. I decreti attuativi devono indirizzare le Regioni e le autonomie locali a riconoscere, vista la peculiarità del caso, il sostegno economico mensile di affidamento anche a tutte le famiglie affidatarie parentali, richiedendo a ogni ente assistenziale di applicare la discrezionalità presente nella normativa vigente, che già prevede di sostenere economicamente anche l’affido parentale, in base al caso. Senza questo intervento la legge è incompleta.

Ma bisogna guardare oltre gli orfani speciali e garantire a tutte le famiglie affidatarie parentali una quota mensile di affidamento, eliminando le discrezionalità territoriali. Non devono più esistere minori in affido parentale di serie A, con sostegno economico, e di serie B, senza sostegno perché risiedono in regioni diverse. I minori in affido parentale vanno tutti equamente tutelati e le loro famiglie affidatarie sostenute economicamente. Devono andare in questa direzione anche le linee guida sull’affidamento familiare: questa disparità sull’affido parentale non può più esistere in Italia.

Agnese Allasia e Giovanni Paolo Cornaglia - 05 01 2018 La Stampa

- per saperne di più:

Eredi di un padre assassino e di una madre assassinata, sono orfani due volte. E sono orfani speciali, rimasti soli con modalità che lasciano il segno.

Se ne contano oltre 1.600 in Italia. Spettatori silenti di un crimine tanto efferato, sono la parte dimenticata che ha pagato il prezzo più alto. Vittime collaterali alle quali, oggi, lo Stato restituisce una presenza, garantendone diritti finora negati. Perché dal 21 dicembre scorso, con la licenza definitiva del Senato – 165 favorevoli, 5 contrari e un astenuto – sono finalmente tutelati dalla legge in favore degli orfani per crimini domestici.

Nata dal lavoro di Anna Maria Busia, avvocato e consigliera regionale della Sardegna, la riforma è frutto di una battaglia di sensibilizzazione intrapresa seguendo un caso concreto, quello di Vanessa Mele, la cui mamma è stata uccisa, a Nuoro nel dicembre del 1998, per mano del marito.

«Ho pensato e scritto materialmente le modifiche al codice civile e penale sul tema, osservando l’insorgere di una serie di problematiche: per il mantenimento di Vanessa (che all’epoca dei fatti, aveva sei anni), per il suo affido, per il risarcimento dei danni», racconta a Left, Busia. Che continua: «In sedici anni abbiamo intrapreso una decina di procedimenti penali per ottenere queste cose. Perché, prima che io redigessi queste norme, nel nostro sistema penale non era previsto l’automatismo dell’esclusione dall’asse ereditario». Evidenti storture, burocrazia lenta e anni passati senza risposte fanno scoprire ad Anna Maria Busia «una costante di questi uxoricidi: nessuno vuole provvedere al mantenimento dei figli rimasti. Perché, è noto a tutti, ormai, che raptus non è, alla base c’è un piano distruttivo e quindi una volontà che ha a oggetto anche i beni famigliari».

D’ora in poi, però, annullare con la più cieca violenza il nucleo di affetti e di sicurezze avrà delle conseguenze certe e le pretese dei padri uxoricidi saranno fermate senza l’intervento del giudice. Dall’approvazione di questa legge, infatti, il pubblico ministero procederà automaticamente al sequestro conservativo dei beni per evitare, nel frattempo, il depauperamento del patrimonio, e alla loro confisca a condanna avvenuta.

Saranno garantiti un automatismo anche dell’indegnità a succedere e la sospensione immediata, non corrisposta nemmeno in via provvisoria, della pensione di reversibilità. Sarà riconosciuto subito il 50 per cento del presumibile danno, accertato successivamente. Ai figli vittime di crimini domestici verrà assicurato il gratuito patrocinio per i procedimenti penali e civili derivanti dal reato subìto, potranno cambiare il cognome ed essere affidati, privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore e i parenti fino al terzo grado, snellendo tutte le forme, istituti farraginosi, di affido e di adozione.

Siccome «siamo di fronte ad una situazione eccezionale – spiega Annamaria Busia – perché questi minori si portano dentro una violenza estrema e crescono con un’idea di rapporto che va trattata adeguatamente», la legge prevede, pure, un’assistenza gratuita medico-psicologica, a carico del Sistema sanitario nazionale, per tutto il tempo necessario al recupero. Così come «devono essere supportati i genitori affidatari, carichi anche loro di dolore, per poter sostenere i bambini feriti da quella inaudita violenza».

E, oltre ai risultati giuridici raggiunti, questa legge rompe quel solidissimo tabù culturale che è la negazione dell’esistenza della violenza domestica.

«Sono convinta – conclude Anna Maria Busia – che questa riforma porti due cose: la prima, il cambiamento dell’impostazione del nostro sistema penale che è tutto orientato alla punizione del reo senza considerare le vittime mentre questo complesso di norme è finalizzato proprio a occuparsi di loro; poi, un’efficacia deterrente perché a chi ha in mente di pianificare, premeditandolo, questo genere di omicidio si presenta un ostacolo in più consistente nel vedere che, nonostante il suo disegno criminale, nulla cambierebbe».

La battaglia di Vanessa è vinta: dove è servita una causa legale per diseredare l’assassino di sua madre, adesso, agli altri orfani speciali, ci pensa la legge.

Un articolo di Tania Careddu - 08 01 2018 Left


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Data ultima modifica: 18 gennaio 2018