DECRETO DIGNITA’: Cosa prevede il testo definitivo

Ritocchi al redditometro e stop allo split payment per i professionisti. Interventi sui contratti a termine, stretta sulla pubblicità dei giochi e multe per chi prende i contributi e poi delocalizza. Le cose da sapere.

Pacchetto fiscale in versione light, con ritocchi al redditometro, ma nessuno slittamento della scadenza dello spesometro. E poi via libera allo stop dello split payment, ma solo per i liberi professionisti. Scatta anche il bando alla pubblicità di giochi e scommesse per contrastare l’azzardo patologico, con qualche piccola deroga. Il decreto dignità, primo intervento in campo economico del governo M5s-Lega, è stato approvato nella tarda serata del 2 luglio. Ecco le misure che contiene:

1. Fino a tre anni di indennità per i licenziamenti

Cambia il Jobs act con l’ aumento del valore dell’indennità per i lavoratori licenziati "ingiustamente", che passa da un massimo di 24 mesi a un massimo di 36 mesi.

2. Contratti a termine per un massimo di 24 mesi, tetto di quattro proroghe

Il limite massimo si riduce da 36 a 24 mesi e ogni rinnovo a partire dal secondo avrà un costo contributivo crescente dello 0,5%. Ridotte da cinque a quattro le possibili proroghe.

3. Tornano le causali, anche per il rinnovo degli interinali

Per i contratti più lunghi di 12 mesi o dal primo rinnovo in poi arrivano tre categorie di causali, esigenze temporanee e oggettive, connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, o relative a picchi di attività stagionali. Le nuove regole valgono anche per i contratti a tempo determinato in somministrazione (non vengono cancellati, come previsto dalle prime bozze, quelli in somministrazione a tempo indeterminato). Salta invece il conteggio di questa ultima tipologia nei limiti del 20% previsto per contingentare le assunzioni a termine.

4. A chi delocalizza multe da due a quattro volte i benefici

Alle aziende che hanno ricevuto aiuti di Stato che delocalizzano le attività prima che siano trascorsi cinque anni dalla fine degli investimenti agevolati arriveranno sanzioni da due a quattro volte il beneficio ricevuto. Anche il beneficio andrà restituito con interessi maggiorati fino a cinque punti percentuali. In arrivo un meccanismo di ’recapture’ per l’iperammortamento in caso di delocalizzazione o cessione degli investimenti.

5. Tutela occupazionale con aiuti di Stato

Nel caso la concessione di aiuti di Stato preveda una valutazione dell’impatto occupazionale, i benefici vengono revocati in tutto o in parte a chi taglia nei successivi cinque anni i posti di lavoro.

6. Stop alla pubblicità dei giochi

Previsto lo stop totale agli spot sul gioco d’azzardo, che dal 2019 scatterà anche per le sponsorizzazioni, e «tutte le forme di comunicazione» comprese «citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli». A chi non rispetta il divieto arriverà una sanzione del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità. comunque di importo minimo di 50 mila euro. Gli incassi andranno al fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico. Restano le sanzioni da 100mila a 500mila euro per chi viola il divieto durante spettacoli dedicati ai minori. Salve dallo stop le lotterie a estrazione differita, come la Lotteria Italia e i contratti in essere.

7. Interventi light su spesometro e redditometro

Nella sua ultima versione il pacchetto fisco prevede una revisione del redditometro e l’abolizione del trattenimento diretto dell’Iva da parte dello Stato nei rapporti con i soli professionisti. Per lo spesometro invece si profila un rinvio della scadenza per l’invio dei dati del terzo trimestre a febbraio 2019, insieme quindi all’invio dei dati del quarto trimestre.

Un articolo su Lettera43 02 07 2018

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leggi di più: Dignità, sotto il decreto niente

Mentre il paese sprofonda nella barbarie e il Ministro degli Interni detta la linea dura contro migranti e rom, promettendo la flat tax per tagliare le tasse solo ai ricchi e alle imprese, in Consiglio dei Ministri si discute una bozza di decreto che, incredibilmente, ha la presunzione di appellarsi niente di meno che alla dignità dei lavoratori.

Il decreto è composto da 4 titoli, i primi due dedicati al “contrasto al precariato” e ai “limiti alla delocalizzazione e salvaguardia dei livelli occupazionali”. Si dice che nella società dell’informazione il titolo di un articolo conti più di quanto non ci sia scritto dentro. Forse vale anche per i decreti, in epoca di politica di annunci e promesse elettorali. Così, il Governo si prepara a una grande operazione di propaganda, dietro la quale c’è poco o niente.

Certo, tornano le causali per i contratti a termine, ma solo dopo i primi 12 mesi. I possibili rinnovi dei contratti, anche interinali, diminuiscono da 5 a 4. I risarcimenti in caso di licenziamento ingiustificato aumentano (da 6 a 36 mensilità; prima erano da 4 a 24 mensilità). E aumenta il costo del lavoro dopo ogni rinnovo dello 0,5%. E si prevedono misure di contrasto alle delocalizzazioni, con una restituzione maggiorata degli incentivi pubblici. Sia chiaro: soltanto per 5 anni; dal sesto, le imprese possono tranquillamente fare armi e bagagli senza restituire un centesimo.

Si tratta di piccoli ritocchi, insomma, talmente modesti da essere più o meno ininfluenti. Nonostante la grande operazione di immagine di “lotta al precariato” non incideranno affatto sulla condizione reale dei lavoratori e delle lavoratrici (queste scomparse pure dal titolo… sigh!).

Cambia, infatti, davvero tanto se i rinnovi saranno 4 invece che 5, se poi, una volta finita la trafila, sei assunto con il Jobs act? È davvero così dirimente se, nel caso di licenziamento illegittimo, le mensilità aumentano un po’? Stante le attuali norme, quanti lavoratori e lavoratrici precarie sono disposte a intraprendere la strada lunga e incerta della causa, piuttosto che accontentarsi di conciliare qualche mensilità? Peraltro, quasi contemporaneamente, il Ministro del Turismo e dell’Agricoltura annuncia che è pronto a reitrodurre i voucher nel settore agricolo per “tutelare la trasparenza” e “combattere il lavoro nero”.

Purtroppo, però, l’operazione rischia persino di funzionare. Decenni di sconfitte e di arretramenti sindacali, hanno legittimato nell’opinione pubblica il mantra del “lasciamoli lavorare” o “meglio poco che niente”.

Quanto mai ora è necessario, allora, un movimento di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici, per rivendicare misure reali di contrasto al precariato, a cominciare dal ripristino dell’art.18 e dall’abrogazione del Jobs act. Da lì passa la nostra dignità.

Non accontentiamoci delle briciole, non scambiamo lucciole per lanterne e non commettiamo l’errore di lasciare parole grandi come dignità in mano a provvedimenti così miseri, che serviranno soltanto a legittimare di più e meglio un governo xenofobo e razzista.

*Eliana Como: portavoce nazionale dell’area Il sindacato è un’altra cosa – opposizione Cgil 03 07 2018


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Data ultima modifica: 6 luglio 2018