I BAMBINI E LE FERITE DELLA DISEGUAGLIANZA

I bambini e le ferite della diseguaglianza: se nasci in periferia ti laurei di meno La differenza nei voti non la fa il merito. Ma il quartiere, il piccolo comune o la città. In un sistema che dimentica sistematicamente chi sta ai margini. Ecco il nuovo Atlante dell’Infanzia a rischio di Save the Children, pubblicato da Treccani. Che mostra come l’iniquità che colpisce i più piccoli parta dai banchi

La stimmate si chiama "Fonte Nuova", a Roma, oppure "Corsico" o "Cologno Monzese" o "Cinisello Balsamo", a Milano. Non sono ghetti. Solo periferie, quartieri dove abitano in milioni per restarci poco.

Zone che si svuotano di giorno. Fatta eccezione per una popolazione speciale: i bambini. I comuni indicati infatti sono aree urbane cresciute ai bordi delle due più grandi città d’Italia. Che condividono nello specifico una concreta stimmate: il maggiore distacco dal centro nei risultati alle prove Invalsi, i test standardizzati che in qualche modo danno una misura delle competenze in Italiano e Matematica degli studenti. La forbice fra i ragazzi di Corsico o di Fonte e quelli che abitano “dentro” le mura della città è di oltre 10 punti.

Un piccolo abisso. Che si riflette su altre statistiche: come in quella di chi prosegue gli studi fino alla laurea. Perché bastano sette chilometri, sette, che fanno mezz’ora con i mezzi e meno in motorino, per passare dal 51 per cento di laureati delle zone bene di corso Magenta, a Milano, al 7,6 per cento di Quarto Oggiaro. È la differenza più alta d’Italia in così poco spazio. A Palermo, si salta comunque dal solo 2,3 per cento di universitari a Palagonia al 23 di Palazzo Reale. Nella capitale chi abita a Roma Nord ha quattro volte in più la possibilità di arrivare alla laurea rispetto a chi abita a Est del Raccordo. Non hanno scelto. È l’infrastruttura educativa del paese che li ha abbandonati.

La struttura dell’ex skate park

Sono alcune delle disuguaglianze ostili e troppo spesso banalizzate, che vengono messe invece in luce dal nuovo Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, pubblicato da Treccani e dedicato quest’anno, appunto, alle periferie educative. Ovvero ai margini in cui sono lasciati in Italia i più piccoli. Partendo dai banchi.

Le tavole dell’Atlante mostrano infatti come spostandosi di pochi chilometri, all’interno delle stesse città, cambino le possibilità di un futuro, gli strumenti per capire il presente. Un esempio? I Neet, gli scoraggiati, i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che sono usciti dai circuiti della formazione e non sono ancora approdati al traino di un’occupazione. Nel capoluogo lombardo, in zona Tortona, fra le vie strette che ogni anno vengono invase dai frequentatori del Design, sono il 3,6 per cento dei residenti. Ossia meno di un terzo dei disillusi che abitano invece a Triulzo Superiore, a Sud della città, dove i Neet sono il 14 per cento. Lo stesso accade a Genova: si sentono (e sono, adesso) esclusi dal futuro 3 ragazzi su 100 a Carignano e 16 su 100 a Ca Nuova. O ancora, passando da Palocco a Ostia Nord, raddoppiano.

«È assurdo che due bambini che vivono a un solo isolato di distanza possano trovarsi a crescere in due universi paralleli», ha detto Valerio Neri, direttore Generale di Save the Children presentando il volume: «Rimettere i bambini al centro significa andare a vedere realmente dove e come vivono e investire sulla ricchezza dei territori e sulle loro diversità, combattere gli squilibri sociali e le diseguaglianze, valorizzare le tante realtà positive che ogni giorno si impegnano per creare opportunità educative che suppliscono alla mancanza di servizi».

Un miraggio, in molte strade. E un miraggio che soprattutto sta peggiorando: la distanza fra chi abita nelle strade "bene" e "gli altri" aumenta, anziché diminuire. «Mentre nelle scuole dei quartieri più centrali e storici di Roma le scuole si svuotano», spiega l’urbanista Carlo Cellamare: «nei comuni più esterni del Grande raccordo, dentro o fuori il comune di Roma, le scuole sono spesso oberate da una super domanda e i servizi sono più scarsi, e si osservano alti tassi di dispersione. Sono segni della mancanza di visione e governo del territorio».

Questa è un’altra delle contraddizioni più forti portate in luce dal rapporto: dove abitano più bambini, ovvero nelle periferie – e i dati dettagliati sono inequivocabili, a Roma o a Genova vivono in aree definite periferiche il 70 per cento dei bambini sotto i 15 anni - ci sono meno servizi. Meno giochi, meno strade illuminate, meno luoghi aperti per lo studio. E sono anche le zone dove le scuole sono lasciate più sole, con meno supporto. E quindi non riescono a aiutare i ragazzi a crescere, a conquistare gli strumenti per comprendere il presente. È un’altra ferita della disuguaglianza che aumenta. Senza trovare alcuno spazio oggi nella politica di Palazzo.

Un articolo di Francesca Sironi - L’Espresso 12 11 2018


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Data ultima modifica: 15 novembre 2018