LA NOTTE TRA IL 24 E IL 25 LUGLIO 1943

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943: oggi ,78 anni fa, Benito Mussolini venne esautorato dal Gran Consiglio del Fascismo i cui componenti, a maggioranza, votarono l’Ordine del Giorno Grandi che, di fatto, decretava la fine del fascismo. Nel pomeriggio del 25 Luglio, Mussolini recatosi dal re Vittorio Emanuele III per comunicargli le decisioni del Gran Consiglio è fatto arrestare dal re. Ad arrestarlo gli Ufficiali dei Carabinieri Vigneri, Aversa e Frignani. Gli ulti due, entrati successivamente nella Resistenza, saranno catturati dai tedeschi, condotti a Via Tasso e fucilati alle Cave Ardeatine, il 24 Marzo del ’44.

Quelli successivi all’arresto di Mussolini saranno giorni aggrovigliati, inquieti, densi di agguati, tradimenti e vendette.

Intanto la notizia della fine del fascismo esplose nel Paese, come un fulmine a ciel sereno e non si contarono le manifestazioni di gioia e i cortei spontanei che plaudirono all’avvenimento, e a quel che si credeva rappresentare la fine della guerra, con sventolii di bandiere e con l’esaltazione delle effigi di re Vittorio Emanuele III e del Maresciallo Badoglio, con canti e parole d’ordine inneggianti alla pace.

Numerosi furono anche gli attacchi alle Case del Fascio, luoghi in cui erano state poste in essere tutte le sopraffazioni, i bastonamenti, le violenze gratuite come le somministrazioni di olio di ricino agli antifascisti e a tutti coloro che si opponevano al regime, con la distruzione dei simboli del fascismo.

Ma sarà una gioia di breve durata, una “vacanza di libertà”, come l’ha definita lo Storico Paolo Spriano, che era stato, durante la Resistenza, un Partigiano di Giustizia e Libertà. “Vacanza” che si esaurì in poche ore. Nonostante ciò, le manifestazioni spontanee si succedono in quasi tutte le città italiane e si arriva persino a pensare, da parte degli informatori della polizia, che “la nazione risponderà all’appello del nuovo governo con ordine e disciplina”.

Di lì a poco la Circolare emanata dal Generale Roatta – Capo del Servizio Segreto Militare, coordinatore dell’assassinio dei Fratelli Rosselli e criminale di guerra - avrebbe tolto ogni illusione sul comportamento della Pubblica Sicurezza, ordinando la repressione cruenta di ogni atto capace di turbare l’ordine pubblico, invitando perfino ad aprire il fuoco su quanti si fossero dimostrati irriguardosi circa il provvedimento adottato. Va anche ricordato che il 25 Luglio ’43 furono liberati tutti i detenuti politici antifascisti, ad eccezione di quelli comunisti, ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico che rimasero, dunque, in galera.

La decisione del Gran Consiglio fu certamente presa anche in conseguenza dello sbarco degli alleati in Sicilia (10 Luglio 1943); tale evento rende meno salda la fiducia dei tedeschi nei confronti dell’alleato italiano mentre in Italia si diffonde un serpeggiante senso di ineluttabile sconfitta, mentre il nuovo Governo – costituito con i vecchi arnesi fascisti e monarchici - va subito in confusione.

Il Proclama letto dal Maresciallo Pietro Badoglio, che succede in quelle ore a Mussolini, sottolinea, infatti, che “la guerra continua”. Posizione contraddetta, poco meno di 45 giorni dopo, quando Badoglio stesso leggerà, dalla Sede EIAR di Via Asiago, a Roma, il famoso Comunicato dell’Armistizio con gli alleati. Sono le 19,45 dell’8 Settembre ’43 e Badoglio dice agli italiani:

“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”.

Parole non chiare che lasceranno l’Esercito allo sbando, nonostante la valorosa resistenza antinazista di alcuni Reparti organici, e provocheranno, come è noto, da un lato la fuga del Re e della Corte di notabili e Generali (il 9 Settembre) e dall’altro il rastrellamento e il successivo internamento ( e in molti casi deportazione), da parte dei tedeschi, di oltre 800mila nostri militari. ***** Il nuovo Governo nella sua prima riunione del 27 Luglio 1943, emanò una serie di Provvedimenti che sanzionavano la nuova realtà. Venne decretato lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista e di tutte le Organizzazioni dipendenti, la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (MVSN) veniva integrata nelle forze armate dello Stato, veniva soppresso il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. Ma fu anche vietata la ricostituzione dei partiti politici per tutta la durata della guerra. Erano vietate anche tutte le manifestazioni e si faceva assoluto divieto ai cittadini di portare distintivi, di esporre bandiere e di riunirsi in pubblico, in più di tre persone.

L’Italia intanto è in una situazione drammatica, è un Paese allo sbando, confuso, affamato; inoltre, l’evolversi della situazione bellica aveva esasperato gli animi della popolazione. Gli esiti militari, con le sconfitte nei Balcani, in Africa Settentrionale e in Russia, avevano rivelato l’inconsistenza della retorica sulla quale il regime fascista aveva costruito la propria immagine. Per questa serie di ragioni la monarchia, le forze economiche e la chiesa cercarono un’uscita dalla guerra liquidando appunto Mussolini.

Ma l’esperienza fascista condotta fino ad allora non si lasciò cancellare con tanta facilità; non si spiegherebbe altrimenti la nascita, dopo poco più di quaranta giorni, di un Partito Fascista Repubblicano, che diede vita – con l’aiuto determinante dei tedeschi che intanto avevano occupato il Paese - alla Repubblica Sociale Italiana, con una organizzazione militare sia maschile che femminile che durò sino al 25 Aprile del 1945. La RSI fu voluta certo dai tedeschi, ma raccolse comunque un numero importante di consensi, segno evidente che gli italiani avevano fatto male i conti circa il loro reale coinvolgimento col regime fascista e con le loro responsabilità, che continueranno a costituire un pesante fardello per la democrazia negli anni a venire. ****** «La sera del venticinque luglio sentii il rumore di gente che passava per la strada vociando. Mi affacciai alla finestra e vidi due uomini di mezza età che allargavano le braccia come chi si è tolto un peso di dosso gridando “finalmente!”. Mi precipitai in strada e mi accodai ai molti altri che camminavano gridando. Questo fu il modo in cui appresi la caduta di Mussolini».

Così scrive Claudio Pavone – autore dell’importante Saggio storico critico “Una Guerra Civile, Saggio sulla moralità della Resistenza”, Bollati- Boringhieri, 1981, nel suo “La mia Resistenza, Donzelli, 2015.

È davvero una grande fortuna che uno tra i più autorevoli Storici della Resistenza – l’autore di quel libro sulla Guerra civile che ha rappresentato un punto di svolta di tutta la nostra coscienza storica – abbia deciso di raccontare la sua esperienza di quegli anni.

L’autore rievoca i mesi dal 25 Luglio del 1943 al 25 Aprile del 1945, quelli tra i suoi ventidue e ventiquattro anni di età. In uno stretto rapporto tra vicende individuali e grandi eventi pubblici si snoda, tra ricordi e riflessioni, tra emozioni e pensieri, una narrazione concreta e in qualche modo quotidiana di sé e di molti altri. Pavone è sospeso in quei mesi tra un antifascismo ideale – declinato in maniera incerta tra il cattolicesimo da cui proviene e il socialismo e l’azionismo che lo attraggono – e il bisogno di agire che lo porta alla militanza clandestina.

Dopo l’8 Settembre, in una Roma piena di angosce e incertezze, una buona dose di sfortuna lo farà arrestare dalla polizia fascista. Rinchiuso a Regina Coeli, incontrerà numerosi altri antifascisti, da Leone Ginzburg a Ruggero Zangrandi. Qui nascerà anche l’amicizia col vecchio comunista dissidente Nestore Tursi, che gli farà da maestro. Trasferito nel dicembre 1943 nel Carcere di Castelfranco Emilia, ne uscirà nell’estate del 1944, con l’obbligo di arruolarsi nell’Esercito saloino. Scapperà a Milano dove, sotto falso nome intesserà i fili di una nuova attività clandestina. Il 25 Aprile del 1945, Pavone sarà tra la folla di Piazzale Loreto, prima di farsi prendere coi suoi compagni dall’allegria di Milano nei primi giorni di libertà. Grazie per l’attenzione e buona lettura.

Aned Roma - Post di Ugo Fanti

Data ultima modifica: 25 luglio 2021