ROMA: LUCHA y FIESTA E’ SALVA

Quando ieri ho chiamato Simona per dirle che finalmente era ufficiale avevo un nodo in gola e gli occhi bagnati.

Lei mi ha detto: "Tu ti rendi conto che abbiamo fatto un pezzo di storia di questa città???".

Ecco forse no, forse ancora non mi rendo conto fino in fondo di quello che è successo ma... è successo!!!

Lucha y Siesta è salva!!!

Tutta intera: l’immobile, proprio lui di via Lucio Sestio 10, con il prato, l’orto, il patio, il magazzino diventato sartoria, la cucina, le stanze, la sala comune, i muri rosso mattone.

E poi soprattutto è salva la vita che ci scorre dentro: le attiviste, le operatrici, le donne ospiti (che poi ospiti che vuol dire se sono loro l’anima e il senso di Lucha).

E poi sono salve le relazioni con il quartiere, e la pipinara di bambine e bambini e.. e... E tutto! Lucha è salva tutta intera.

Ce l’abbiamo fatta.

Non so quante volte ho desiderato scrivere questo post in questi anni e quante ancora ho pensato che non ce l’avremmo fatta. Che avrebbero vinto "loro": i contabili, il libro nero del fallimento, la sindaca dispettosa e mai amica delle donne, lo sgombero, i distacchi della luce, la persecuzione assurda a cui è stata sottoposta una esperienza unica, coriacea e meravigliosa. Anzi, meravigliosa perché coriacea.

Orgogliosa e con lo sguardo fiero.

E invece abbiamo vinto noi, passando indenni per tre aste giudiziarie, praticamente una gigantesca partita a poker fatta con gli occhi bendati. Alla città della legalità senza giustizia e dei conti a posto senza i diritti abbiamo contrapposto quella del femminismo, dei beni comuni e della cooperazione tra istituzioni e attivismo sociale. Per me, la buona politica.

Non dimenticherò mai la mia prima mozione approvata dall’aula.

Non dimenticherò mai il momento esatto in cui mesi dopo mi baleno’ in testa l’idea: ero sul pianerottolo dell’assessorato per le pari opportunità, uscivamo da una riunione che aveva certificato un vicolo cieco, mi sono detta c’è il bilancio possiamo - dobbiamo - provarci.

Pensai: mi prenderanno per matta. E invece trovai al mio fianco tutti ma proprio tutti, uno straordinario gioco di squadra: Cecilia innanzitutto, e Maddalena. E tante colleghe e colleghi consiglieri, Giovanna, la giunta, i dirigenti, gli uffici, il presidente Nicola Zingaretti in prima persona.

Alle Luche non dissi niente fino a poco prima dell’approvazione dell’emendamento che stanziava le risorse necessarie... Avevo troppa paura di deluderle. Ce l’ho avuta fino a ieri, la paura di deluderle.

Invece no, abbiamo vinto: la Regione si è aggiudicata l’immobile di Lucha, da poche ore è ufficiale. Lo abbiamo acquistato, evento in assoluta controtendenza là dove gli enti locali di solito s/vendono patrimonio pubblico. Lo abbiamo acquistato per "restituirlo" al suo scorrere vitale, finalmente sereno, senza minacce, senza paura. Libero.

Adesso inizia la partita più bella, quella che dovrà trasformare Lucha in un modello di gestione originale e inedito. Né pubblico né privato. Autenticamente generativo e femminista.

Non sarà facile, ma ormai cosa può farci paura? Sarà una bellissima fatica, ne sono certa. Tra un attimo, però.

Ora ci meritiamo una festa: grande, corale, di quelle da prendersi una sbronza di canzoni e balli e risate e gioia.

Ma prima devo fare una cosa, ci penso da un sacco e la faccio ora.

Devo dire il mio grazie alle Luche, un grazie pieno di riconoscenza.

Perché sono cresciuta tanto in questi anni, insieme a loro.

Perché mi hanno insegnato ancora una volta quanto è importante agire e non scansare il conflitto.

Perché hanno dato un senso enorme alla parola "fiducia", con la quale abbiamo preso le misure insieme tutti i giorni negli ultimi due anni.

Perché mi hanno fatto vivere fino in fondo cos’è sorellanza: una relazione faticosa perché delicata, mai contenta, sfidante e bellissima.

Lo so, ho scritto un post lunghissimo.

Ma oggi sono felice, e la felicità merita spazio e tempo.

Perché abbiamo dato Lucha alla città. Finalmente.

Post di Marta Bonafoni

Data ultima modifica: 2 settembre 2021