Scuole occupate, il preside del Cavour: “Questi ragazzi hanno bisogno riprendersi i loro spazi”

Dieci istituti occupati: Cavour, Giordano Bruno, Volta, Peano, Boselli, Porporato, Copernico-Luxembrug, Santorre di Santarosa, Curie Vittorini, Norberto Rosa

«Stamattina è venuto da me un ragazzo, in lacrime perché mi ha detto che condivideva i motivi della protesta ma non voleva andare contro il Cavour».

A raccontarlo è Enzo Salcone, preside del liceo classico più storico e blasonato della città. Che stamani, insieme ad altre nove scuole, è stato occupato da ragazzi e ragazze: Giordano Bruno, Volta, Peano, Boselli, Porporato, Copernico-Luxemburg, Santorre di Santarosa, Curie Vittorini, Norberto Rosa e, appunto, Cavour. Insomma, la protesta degli studenti dilaga. Attualmente sono infatti 26 i plessi in cui studenti e studentesse si sono presi gli spazi. Negli scorsi due giorni era toccato a Einstein, Albe Steiner, Regina Margherita, Primo Liceo Artistico, Galfer, Majorana, Pininfarina di Moncalieri, Majorana di Grugliasco, Monti di Chieri, Fermi-Galilei di Ciriè, Buniva e Marie-Curie di Pinerolo, Darwin, Romero e Natta di Rivoli, Maxwell di Nichelino. «Stiamo ricostruendo la scuola dal basso, non abbiamo più fiducia in un ministero che non ci ascolta, non abbiamo più niente da perdere», afferma il collettivo Last.

Enzo Salcone, si diceva, è a capo del Cavour. È un preside che ha sempre difeso la linea del rigore didattico. «In tutta Italia i ragazzi stanno manifestando e Torino è un po’ il cuore di questo movimento. Le motivazioni le conosciamo, dai pcto (ex alternanza scuola-lavoro, ndr) all’esame di maturità. Quello a cui guardiamo meno è il fatto che i ragazzi e le ragazze vogliono tornare a essere protagonisti», spiega. «La pandemia li ha confinati nelle loro camere e ora stanno uscendo per riappropriarsi non della scuola, che è già loro, ma degli spazi fisici». Salcone precisa: «Non voglio entrare nel merito delle modalità, come l’occupazione. Ma da parte loro c’è il forte bisogno di socializzare, di stare insieme, di parlarsi. E questi sono tutti i bisogni sani: queste persone sono più degli slogan e degli striscioni che vedono gli adulti. È la scuola è il posto che li deve aiutare a diventare uomini e donne, anche attraverso modalità di mobilitazione».

Poi il racconto di una storia personale. «Questa mattina un ragazzo mi ha chiesto di parlarci. Mi ha spiegato che lo scorso anno aveva avuto grossi problemi personali, e ne era uscito grazie a un insegnante che se n’era accorto e gli ha dato una mano. In lacrime mi ha detto: “Io vorrei manifestare, ma non me la sento di occupare la scuola che mi ha tirato fuori da un incubo. Non so cosa fare”. Io gli ho detto di stare tranquillo e di andare pure insieme ai suoi compagni. In tanti stamattina mi hanno detto che non ce l’hanno con il Cavour, e che gli dispiaceva occupare».

BERNARDO BASILICI MENINI 16 Febbraio 2022 La Stampa

Una delle occupazioni a Torino (foto Maurizio Bosio/Agenzia Reporters)

Data ultima modifica: 21 febbraio 2022