BLUFF DELLA FORMAZIONE: SCUOLA PRIVATA SPARITA IN UNA NOTTE. FAMIGLIE TRUFFATE

Hanno intascato i novemila euro d’iscrizione dalle famiglie di 31 ragazzi per un totale di quasi 300 mila euro. Hanno taciuto d’essere sotto sfratto imminente. Una mattina hanno annunciato che l’indomani non ci sarebbero state le lezioni a causa di obbligatori lavori di manutenzione sull’impianto elettrico. Il giorno dopo sono sì rimasti chiusi ma perché stavano preparando la fuga. Infatti non si sono più visti. Da allora, ai primi di dicembre, i vertici dell’istituto «Queen» di via Stilicone 16 specializzato nel recupero degli anni scolastici, sono scomparsi. La scuola non esiste. Chiusa la porta, muti i telefoni. Una grande truffa. E chissà che cos’altro ancora riserveranno le indagini.

Un primo gruppo di genitori (nove famiglie) si è rivolto all’avvocato Luca Scaglia. Tre gli obiettivi dichiarati dalle mamme e dai papà che hanno deciso di parlare con il Corriere. Uno: recuperare i soldi perduti, ma è sinceramente difficile e loro stessi lo sanno per primi. Due: far sì che i responsabili paghino le colpe, e questo è meno impossibile e comunque i genitori sono decisi ad andare fino in fondo. Terzo: evitare che questi responsabili, lasciato passare del tempo, ricomincino daccapo e colpiscano di nuovo.

Le carte societarie ci raccontano di due persone legate alla scuola che fa capo a due aziende, entrambe costruite sul nome «Docere»: l’«Omnia Docere» e la «Docere srl» che si muovono intorno a Manuele Ruta e Gabriella D’Agostino. Ruta è nato ad Asti il 22 maggio 1978 e risulta inseguito da numerosi protesti; D’Agostino, classe 1950, è originaria di Pescara e residente a Milano. L’«Omnia Docere» tutto è tranne che una società sana. Andando in ordine sparso, troviamo assegni scoperti anche per 20 mila euro. Ragionevole pensare che il grande raggiro sia stato creato ad arte proprio per rientrare dei debiti. Operazione che a questo punto, incassate le iscrizioni, risulterà pienamente riuscita. È presto per capire altre eventuali responsabilità e il «ruolo» dei professori che esercitavano in via Stilicone: sapevano qualcosa e si sono ben guardati dal dirlo oppure no? Dove siano finiti Ruta e D’Agostino, nessuno lo sa. Hanno disattivato ogni «contatto» fornito ai genitori. E il denaro? Potrebbe essere stato «frazionato» e fatto confluire su conti all’estero, per depistare gli investigatori che si metteranno a cercarlo.

Come nel caso dell’università fantasma «Unipolisi», in Svizzera, qualcuno potrebbe mettere in dubbio l’«attenzione» di questi genitori nella fase preventiva di esame e scelta della scuola, perché forse avrebbero potuto e dovuto condurre con maggiore attenzione verifiche sull’istituto. Ma, anche qui come con l’ateneo che aveva sede nel Canton Grigioni, vale, insieme alla fiducia investita nella «Queen», il discorso che le famiglie non si sono buttate a caso, sia per l’«impatto» economico della scuola, sia soprattutto per il bene dei propri ragazzi.

Erano stati condotti accertamenti e l’impressione iniziale era stata positiva, così come sul metodo e la puntualità con i quali gli studenti venivano seguiti. Quantomeno, s’intende, fino al giorno della «sparizione». Proseguendo nella comparazione, resta la domanda se, come i due in galera per il raggiro elvetico, Ruta e D’Agostino siano una collaudata coppia del male già protagonista in passato di truffe o abbiano d’improvviso fatto convergere sulla «stangata» di via Stilicone il desiderio d’arricchirsi sulle pelle degli altri.

6 febbraio 2018 | Un articolo di Andrea Galli - Il Corriere

L’intervista ai prof truffati:

Stipendi in sospeso da maggio. Paghe da fame e «concesse» con mesi di ritardi. Un clima di intimidazione. «Le vittime siamo noi, insieme ai ragazzi». Prende la parola — a nome dei colleghi — uno dei docenti della «Queen». L’istituto di recupero anni scolastici di via Stilicone ha chiuso all’improvviso lunedì 6 novembre. I vertici sono spariti insieme ai soldi delle rette dei 31 ragazzi iscritti.

Non avete «annusato» la truffa voi docenti?

«Da marzo ci siamo accorti che qualcosa non andava. Gabriella D’Agostino e Manuele Ruta (i due responsabili della scuola, ndr) ostentavano ricchezza. Auto nuove, vestiti firmati, smartphone... Ci chiedevamo da dove prendessero i soldi. Gli studenti erano solo una trentina, le spese di gestione alte, dall’affitto del palazzo di quattro piani agli stipendi del personale: tre segretarie, dieci docenti e una addetta alla ristorazione».

Perché non siete intervenuti? Nessuno scrupolo di coscienza?

«Non pensavamo si rischiasse la chiusura e poi sa, per noi insegnanti lo stipendio era importante. C’è chi ha la mamma malata da far curare, chi due figli, chi si arrabatta tra più lavori. Anche noi siamo stati truffati».

Come gestivano l’istituto D’Agostino e Ruta?

«Al momento dell’iscrizione chiedevano ai ragazzi quale mestiere facessero i genitori. In base a quello stabilivano la retta, ho sentito anche di 20 mila euro per un anno di lezioni. E poi ci tenevano ad affermare il loro ruolo. Per parlare con la preside era necessario richiedere un appuntamento per email. D’Agostino e Ruta si facevano servire il pranzo al bar interno della scuola. E poi collegi docenti infiniti e non pagati in cui ci istruivano su come comportarci con gli studenti».

Quando è scoppiato il pasticcio?

«Un venerdì di ottobre ci è arrivata la mail: “Lunedì scuola chiusa per lavori”. Un nuovo rinvio, poi più nulla. Abbiamo capito che non avremmo più riaperto. I genitori continuavano a scriverci per chiedere informazioni, ma ne sapevamo meno di loro».

Come avete reagito?

«Ci siamo ritrovati tra di noi. Poi la preside ha incontrato le famiglie in una riunione farsa in un altro istituto di recupero anni. D’Agostino ha preteso che gli alunni si iscrivessero lì, pagando di nuovo le tasse. Ha promesso di saldare una parte della spesa al posto loro, ma ovviamente non lo ha ancora fatto».

E voi docenti?

«Da maggio non vediamo la paga. Anzi, a settembre e ottobre abbiamo lavorato in nero perché non ci è stato fatto firmare un contratto».

Farete causa?

«Alcuni hanno lasciato perdere e cercato un altro impiego, altri si sono rivolti a un avvocato. Io ho fiducia nella giustizia».

8 febbraio 2018 | Un articolo di Sara Bettoni - Il Corriere


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Data ultima modifica: 23 febbraio 2018