ITALIA: A RISCHIO L’UNITA’ DEI DIRITTI SOCIALI

“Quale autonomia differenziata?”.

È il titolo di un convegno organizzato per oggi (13 febbraio) a Roma dalla Cgil presso la sede nazionale di corso d’Italia. Ma, nello stesso tempo, è anche la denominazione di un provvedimento messo a punto dal governo, d’intesa con alcune Regioni.

Il convegno prevede
- la relazione introduttiva di Rossana Dettori, segretaria confederale Cgil, e vedrà gli interventi di
- Adriano Giannola, presidente Svimez,
- Massimo Sabatini, di Confindustria,
- Luciano Vandelli, professore dell’Università di Bologna, con i contributi di
- Cristian Ferrari, segretario generale Cgil Veneto,
- Dalida Angelini, segretaria generale Cgil Toscana,
- Giuseppe Gesmundo, segretario generale Cgil Puglia.

Le conclusioni dei lavori saranno affidate al segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

Apre i lavori Giordana Pallone, resp. Ufficio riforme istituzionali #Cgil e ricostruisce la genesi politico normativa dell’ #AutonomiaDifferenziata “Il sistema va verso lo scioglimento di quel patto di solidarietà e garanzia di medesimi livelli nei servizi tra le regioni”

“Sarà un’importante occasione per ribadire la nostra preoccupazione sul percorso intrapreso per l’unitarietà dei diritti sociali fondamentali – commenta una nota della Cgil – e per confrontarci sulle conseguenze che tale disposizione potrà avere sulla redistribuzione delle risorse, sulla competitività dei sistemi produttivi regionali e sul nuovo equilibrio fra livelli di governo che potrebbe crearsi”.

La Cgil ha dichiarato da tempo tutte le sue perplessità in materia, a partire dal timore di veder realizzati diritti diseguali fra cittadini. “L’autonomia differenziata va contro i princìpi costituzionali, perché non prevede un’unica Repubblica – ha detto Rossana Dettori a RadioArtticolo1 –.

Il provvedimento è stato scritto dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e dal governo, che dovrebbe attribuire alle tre giunte un’autonomia diversa rispetto a quella di altre realtà territoriali. A nostro giudizio, ciò rappresenta una vera e propria secessione rispetto all’impianto unitario previsto dalla Carta, perché le regioni interessate chiedono un’autonomia su 13 distinte materie di competenza statale, più o meno tutte, con ricadute pesanti e un impatto di natura economica, sociale e istituzionale. Per molti giuristi, si tratta di un autentico atto incostituzionale”.

Landini, segr,gen. #Cgil “Nel ribadire con forza la nostra contrarietà ad accordi che in questo momento si stanno prendendo lontani dalla luce del sole, ribadiamo che con questi processi si peggiorano le condizioni complessive di vita del Paese”.#AutonomiaDifferenziata

“Dal 2001, dai tempi della riforma del titolo V della Costituzione – ha proseguito Dettori –, abbiamo posto l’accento sulla possibilità di aumentare i livelli dei diritti dei cittadini, partendo da sanità e istruzione, senza tralasciare sicurezza e lavoro. Anche se i diretti interessati negano, se passasse il provvedimento in discussione, si produrrebbe, in particolare in Lombardia e Veneto, una diseguaglianza enorme sul versante dei diritti dei cittadini. Va bene più autonomia per Regioni, Comuni ed enti locali, ma in tal modo s’innesca un conflitto che alla fine pagheranno esclusivamente i cittadini. Si creeranno diritti diseguali, che al contrario andrebbero resi uguali laddove oggi non lo sono, a partire da istruzione, formazione, ambiente, ricerca, infrastrutture, tutti ambiti dove non esistono i Livelli essenziali delle prestazioni, come avviene nella sanità con i Lea. Noi vogliamo garantire l’assistenza a tutti, con meccanismi nelle prestazioni uguali per tutti”.

“Si continua a ripetere che i Livelli essenziali delle prestazioni per tutti verranno sostenuti – ha spiegato ancora la segretaria confederale della Cgil –. Ma con il nuovo decreto del governo corriamo il rischio d’infilarci in un Far West. Bisogna partire dai bisogni collettivi dei cittadini, dalle necessità nazionali, come abbiamo fatto con i Lea, che sono esigibili su tutto il territorio nazionale da qualsiasi cittadino, sia italiano che straniero. Nella scuola primaria e secondaria esistono già dei percorsi differenziati, ma noi non vogliamo arrivare al contratto regionale degli insegnanti, come intende fare il Veneto, perché oltre che disconoscere la contrattazione collettiva nazionale, rappresenterebbe un segnale pericolosissimo: darebbe l’idea che i percorsi formativi ed educativi sono diversi da regione a regione. Noi, sulla scuola e sul diritto allo studio, così come sulla sanità e sul diritto alla salute e su tutte le altre materie interessate dal discorso dell’autonomia differenziata, alzeremo le barriere e non permetteremo a nessuno di attuare la separazione che si va profilando”, ha aggiunto la sindacalista.

“La verità è che le Regioni ricche del Nord vogliono trattenere più risorse – ha concluso Dettori –: questo è il loro vero obiettivo e l’attuale governo, purtroppo, prosegue sulla strada già tracciata dall’esecutivo precedente. Non solo. Se passa il progetto del governo, si rischia una modifica dell’assetto istituzionale della nostra democrazia. Sia pure in ritardo, anche le regioni del Sud si sono accorte del fatto che l’autonomia differenziata peggiorerebbe la loro situazione. E noi, in un Paese già di per sé diviso, non ci possiamo permettere l’ennesimo conflitto istituzionale”.

(aggiornamento ore 11.38) rassegna.it

Data ultima modifica: 13 febbraio 2019