Vigevano, da sei anni la colletta per i bambini esclusi dalla mensa
Ieri la condanna per discriminazione del Comune per una delibera uguale al caso Lodi. Ma i problemi per gli alunni non sono tutti risolti. Dal 2013 il Comune ha eliminato la fascia di gratuità per le famiglie con Isee molto basso. Il prezzo minimo del pasto è 3,62 euro, chi non può pagare è escluso. Per aiutare le famiglie in difficoltà, due associazioni hanno raccolto finora oltre 83mila euro
MILANO - A Vigevano due associazioni lottano dal 2013 perché le mense scolastiche siano aperte a tutti i bambini, senza distinzione di nazionalità o reddito. Si chiamano "L’articolo 3 vale anche per me" e "Oltremare". La prima è nata quando l’amministrazione del comune in provincia di Pavia ha deciso di eliminare la fascia di gratuità per la mensa scolastica. Un provvedimento che ha messo in difficoltà le famiglie con Isee molto bassi, visto che la tariffa minima è di 3,62 euro. Per aiutarle, un gruppo di cittadini, tra cui molte insegnanti delle scuole di Vigevano, hanno deciso di costituirsi in associazione e raccogliere fondi, così da coprire i 3,62 euro necessari. In cinque anni, l’associazione "L’articolo 3 vale anche per me" è riuscita a raccogliere, insieme a "Oltremare", poco più di 80mila euro e a pagare così il pasto per periodi più o meno lunghi a 528 bambini.
"Troviamo inaccettabile che i bambini possano essere discriminati a causa della povertà delle loro famiglie", spiega Giovanna Natalello, una delle volontarie dell’associazione. L’articolo 3 a cui si riferisce il nome dell’associazione è quello della Costituzione : "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
La situazione a Vigevano è peggiorata poi nel 2015, quando la Giunta comunale ha adottato la delibera n. 51, ora dichiarata discriminatoria dal Tribunale di Milano (vedi lancio di ieri). La delibera prevedeva che le famiglie extracomunitarie, che chiedono di accedere alle tariffe agevolate per le prestazioni sociali, debbano presentare una documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista per gli italiani o i cittadini comunitari. Per questi ultimi, infatti, bastava l’Isee, mentre gli extracomunitari dovevano anche procurarsi un certificato dal proprio consolato che attestasse che non hanno redditi o immobili nel proprio Paese d’origine. Una documentazione spesso difficilissima, se non impossibile, da recuperare, perché in molti Paesi non esiste un catasto. Lo stesso tipo di delibera, insomma, che ha causato tanto clamore a Lodi. E come nel caso Lodi, il Tribunale ha ora dichiarato discriminatoria la delibera di Vigevano. Prima di fare ricorso al Tribunale di Milano, le due associazioni si erano rivolte al Garante nazionale per l’infanzia e a quello regionale, ma senza ottenere alcun risultato.
Con la sentenza del Tribunale di Milano, però, i problemi nelle mense di Vigevano sono solo in parte risolti. Anche se gli extracomunitari non dovranno più presentare una documentazione aggiuntiva, rimane il problema per le famiglie più povere (anche quelle italiane) di pagare quei tre euro a pasto.
"Il problema non è solo di Vigevano - aggiunge Giovanna Natalello-. Quasi tutti i comuni hanno eliminato la fascia di gratuità, ma altrove la fascia minima prevede il pagamento di una quota quasi simbolica, ossia un euro a pasto. A Vigevano invece è il triplo". (dp)
Un articolo di Redattore Sociale 02 04 2019