ABBANDONO SCOLASTICO: siamo i peggiori del mondo

L’abbandono scolastico è un problema che affligge l’Italia dai tempi della legge Coppino sull’istruzione obbligatoria (1877) e ancora lontano dall’essere risolto, tanto che nel 2017 si è invertito l’andamento positivo, con il rischio che nel 2020 si registri un 15% di rinunce, quando l’obiettivo europeo per l’anno prossimo è di rimanere sotto il 10%. Se guardiamo la situazione degli ultimi 20 anni, con 3 milioni di studenti persi complessivamente siamo addirittura gli ultimi al mondo. Per lo Stato le conseguenze negative di questa situazione sono enormi sul piano economico e sociale, tanto da indebolire la stessa ripresa economica. Strutture inadeguate, materiale didattico non differenziato secondo modalità e velocità di apprendimento e personale scarso e poco preparato a cogliere i segnali d’allarme rendono il nostro Paese incapace di trattenere a scuola i ragazzi a rischio rinuncia. Il risultato nel 2017 è il tasso del 14,5% di abbandono sul totale degli studenti (in crescita rispetto al 13,8 dell’anno prima e quattro punti percentuali più della media europea). Un problema che si ripercuote sull’occupazione: i disoccupati con la licenza media sono il doppio dei diplomati e quasi il quadruplo dei laureati.

Con una quota di iscritti ai programmi d’istruzione terziaria tra le più basse dell’intera area Ocse e i laureati che sono appena il 26% degli adulti, con dieci punti percentuali in meno rispetto al target europeo. Il nostro Paese è anche poco attraente per gli studenti degli altri Stati Ocse, che nel 2013 risultavano essere solo 16mila contando anche gli immigrati permanenti, circa un terzo e meno di un quarto rispettivamente di Francia e Germania, dove non sono calcolati gli immigrati. Per l’Ocse, si tratta di “ulteriori segni di debolezza del sistema d’istruzione terziaria in Italia”. L’abbandono scolastico – che avviene prima del diploma, considerato il “livello minimo auspicabile” per l’Unione europea, o addirittura prima del compimento dell’obbligo scolastico a 16 anni – contribuisce all’aumento della percentuale del 35% dei neet, i 20-24enni che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Eppure, secondo le ricerche, un anno in più di studi può aumentare il salario futuro di un valore tra il 4 e il 10%.

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Data ultima modifica: 14 giugno 2019