L’arte aiuta a comprendere la società.

L’arte aiuta a comprendere la società. Abolirla dalle scuole è un danno irreparabile per i nostri ragazzi

A scuola non si parla più di bellezza. Non si insegna ai ragazzi l’estetica, il bello, il disegno artistico, la cultura dell’arte.

La storia dell’arte è una materia di serie B. A cui dedicare i ritagli di tempo, se mai avanza qualche ora la settimana. Una gioia per gli studenti, che così hanno una materia in meno da studiare. Un peccato per la loro crescita, privata di una materia che è molto di più di semplici nozioni, nomi, date da apprendere e ricordare. È una vera e propria palestra per la vita.

Storia dell’arte nella scuola italiana.

Ovvero, storia di come una materia fondamentale è stata cancellata dall’oggi al domani.

Viviamo in un paese dove l’arte è presente ovunque. Abbiamo dato i natali agli artisti più famosi del mondo. Che ci hanno regalato opere d’arte che gli altri paesi ci invidiano. E che sono ospitate in mostre con numeri di visitatori da capogiro. Siamo il bel paese di Raffaello, Michelangelo, Donatello, Leonardo, Caravaggio, Tiziano, solo per citarne qualcuno.

E abbiamo abolito la storia dell’arte dalle nostre scuole.

Tutto grazie alla riforma Gelmini, prima, e alle conferme che anche i successivi ministri dell’Istruzione e altri colleghi hanno dato sul tema. Non da ultimo il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, che, testuali parole, ha detto: “Anche io abolirei la Storia dell’arte. Al liceo era una pena“. Una battuta, la sua, visto che avrebbe abolito anche la chimica, come precisa in un intervento su Facebook. Ma che fa discutere.

Parole che si aggiungono a quelle di un massimo esperto, Vittorio Sgarbi, che però pone l’accento su un altro aspetto fondamentale:

Il problema dell’educazione all’arte è un problema di educazione alla sensibilità, al gusto, al rispetto, alla conoscenza, non all’attrazione per l’arte, come uno può averla per la matematica, per la fisica o per l’astronomia. È basilare che noi ci educhiamo al bello.

(Vittorio Sgarbi)

Piuttosto che abolirla, dunque, perché non ripensare la storia dell’arte in modo tale da far appassionare i giovani studenti?

Invece è più facile abolire che riformare. E così, via i libri di arte dai banchi di scuola. Riservando lo studio della materia ai licei artistici, dove in tre ore a settimana i docenti devono ripercorrere tutta la gloriosa storia artistica dell’uomo.

Perché studiare storia dell’arte è importante.

Ci sono tanti motivi per cui i ragazzi dovrebbero tornare a studiare storia dell’arte.

Salvatore Settis, noto storico dell’arte, sosteneva che aiuta a vivere. Mentre per Tomaso Montanari, come sottolineato anche da Sgarbi, allena senso critico e libero giudizio.

Nella vita di tutti i giorni, senza perdersi in trattati filosofici, l’arte può aiutarci a conoscere le origini dell’uomo, dal momento che è stata la prima forma di comunicazione. Oltre che ampliare il bagaglio culturale di ognuno di noi. Può aiutarci a capire meglio altre materie studiate a scuola, non solo quelle umanistiche: tutte le discipline scolastiche sono collegate tra loro.

E poi, soprattutto in Italia, dovremmo capire che studiare l’arte ci aiuta non solo a conoscere il nostro passato e il nostro presente, ma anche a preservare il nostro futuro, fatto di tutto quelle opere d’arte e quei monumenti che visitatori da tutto il mondo vengono ad ammirare da vicino. E dei quali magari noi nemmeno conosciamo la storia. Siamo un paese a vocazione turistica, ma spesso lo diamo per scontato. Non dimentichiamo che gli artisti spesso sono i primi a percepire i cambiamenti in atto nella società e la direzione che la stessa sta prendendo. Portare l’arte a scuola potrebbe dare ai ragazzi anche gli strumenti per capire il mondo in cui vivono.

Infine, ultimo ma non per importanza, ognuno di noi nasce artista. I bambini da piccoli non fanno altro che disegnare. Perché è una forma di espressione e di comunicazione insita nell’essere umano. Non dobbiamo perderla crescendo. E dobbiamo fare in modo che l’arte diventi un processo culturale condiviso, non esclusivo per un’élite ristretta, ma allargato. Favorendo inclusione, integrazione, conoscenza, socializzazione. Perché anche questo insegna l’arte. Ad aprirsi al resto dell’umanità, ad altre tipologie espressive, ad altre culture, ad altri modi di guardare quello che ci circonda. Per non rimanere chiusi in noi stessi, perdendoci tanto del mondo.

Riportiamo il bello a scuola.

Del resto anche la nostra stessa Costituzione, quella che professiamo di difendere a spada tratta quando ci fa comodo, sancisce il diritto all’arte e al bello:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

(Articolo 9 Costituzione Italiana)

Siamo la patria dell’arte. In ogni angolo la respiri, la ammiri, la tocchi, la senti, la percepisci. Abbiamo 53 siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Abbiamo 95mila chiese monumentali, 40mila rocche e castelli, 30mila dimore storiche, 4mila giardini, 36mila archivi e biblioteche, 20mila centri storici, 5.600 musei e aree archeologiche, 1.500 conventi.

L’arte in Italia è dappertutto. Tranne che nelle aule scolastiche.

La bellezza è ovunque. E non è solo fine a se stessa. È uno strumento utile per crescere, per vivere e per capire dove stiamo andando. Non insegniamo ai nostri ragazzi a vivere con i paraocchi

Un articolo di Patrizia Chimera i404.it 26 08 2019

Data ultima modifica: 30 settembre 2019