Milano: Ora soltanto un rispettoso e affettuoso silenzio.

Ecco alcuni post dalla Rete

Il piccolino di neanche sei anni caduto dalla tromba delle scale della sua scuola lotta con tutte le forze, in coma. E io da venerdì, quando per lavoro ho dovuto occuparmi di questa storia, ci penso. forse ci pensiamo un po’ tutti - anche al tema delle responsabilitá, che si incrocia con quello della custodia, e del destino. E’ caduto mentre tornava in bagno - la maestra l’ha fatto uscire dalla classe perchè fuori c’era la bidella più brava di tutte, che contemporaneamente aveva altri due bambini da seguire. Lui ha finito per primo di fare la pipì, la bidella lo ha lasciato tornare in classe da solo. Una piccola autonomia che ai piccoli si concede, un po per necessità - è umanamente impossibile seguirli ogni singolo istante - e un po’ per farli crescere. Una routine successa miliardi e miliardi di volte, nelle scuole e nelle case, senza produrre alcun trauma. una manciata di secondi che questa volta, imprevedibilmente, è risultata fatale. Pare di sentire la risata di Jocker. Lo vedo, mi guarda senza sconti. Se penso a quante "piccole autonomie" ho lasciato ai miei figli, potenzialmente disastrose. Se penso a quel bambino, a quei genitori che l’avevano affidato alla scuola, se penso alla preside, alla maestra, alla bidella - quella li, la più brava di tutte. Alla catena umana e fallace che si prende cura di ognuno di noi.

So che la giustizia farà il suo corso, ci saranno degli indagati, e comunque delle persone che si sentiranno per tutta la vita in colpa. Le "responsabilità". Ma poteva succedere a tutti noi. Tutti. A me. Potrebbe succedermi anche oggi, o domani, per quanto impegno metta nelle cose, nella cura delle persone, nell’accudimento dei figli miei e di altri, sempre.

Mi sento solidale, affranta. Quello che distingue noi adulti dai bambini e dai ragazzi è proprio la coscienza che non siamo infallibili. Abbiamo limiti, spesso dolorosi. facciamo quello che possiamo. Ma noi umani, non arriviamo ovunque. Ci proviamo soltanto, disperatamente, ogni volta.

Spero, per il piccolino e per tutti gli altri.

- Post Elisabetta Andreis giornalista Corriere della Sera

**** Milano L’indagine è chiusa. A ventiquattr’ore di distanza dalla caduta di un bambino nella tromba delle scale della scuola elementare «Pirelli», periferia nord di Milano. Il piccolo, di cinque anni e dieci mesi, in coma, rimane ricoverato in condizioni disperate all’ospedale Niguarda. Ieri il nuovo sopralluogo dei carabinieri ha permesso di acquisire le verità decisive, che il Corriere è in grado di raccontare. A partire dalla deposizione di una maestra: «Ho sentito le urla e il trambusto. Mi sono avvicinata al ballatoio e alle scale. E lì, attaccata alla ringhiera di protezione, ho visto una sedia. Una sedia con le rotelle, la sedia che di solito si trova nella postazione della bidella al piano».

Questa testimonianza spiega come sia stato possibile che il bambino, un alunno di prima elementare, alto circa un metro e 15, abbia potuto scavalcare una ringhiera di protezione alta un metro e 4 centimetri, al secondo piano dell’istituto in via Goffredo da Bussero. Erano le 9.44 di venerdì. Quella sedia, sul quale il bambino si è arrampicato per poi sporgersi e precipitare (da un’altezza di tredici metri), pur se «di certo in buona fede», come hanno rimarcato gli investigatori, è stata spostata nei minuti successivi alla disgrazia. I carabinieri l’hanno ritrovata nel gabbiotto dei bidelli e messa sotto sequestro. Accertata la parte finale della sciagura, è stata anche cristallizzata la precedente catena di variabili, in una sequenza nella quale insegnanti e bidelli hanno sì fatto il proprio dovere, ma lasciando uno spazio di mancato controllo sul piccolo: saranno indagati e andranno a processo per l’omessa vigilanza.

Nella classe del bambino, venerdì, ci sono l’insegnante di inglese e quella di sostegno. Il bambino chiede di andare a far pipì. Non una, ma due volte. La maestra gli nega il permesso, anche in considerazione del fatto che, di lì a poco, ci sarà l’intervallo. Il bambino insiste e, dinanzi a una reale necessità, l’insegnante lo fa uscire dalla classe, sicura che in corridoio (e così effettivamente sarà), la bidella lo prenderà in custodia. La bidella: un volto storico della scuola, una donna amata e molto scrupolosa. Soltanto che, ed è successo raramente, da altre classi, sempre di prima elementare, due piccoli necessitano del gabinetto. La bidella li accompagna tutti e tre. Al primo che finisce, dice: «Torna subito in classe». Il bambino esce dal bagno, trova la sedia della bidella e pensa di usarla per guardare giù: rimane privo di protezione per un breve lasso temporale, tra i venti e i trenta secondi. La sedia ha le rotelle e non fa rumore: altrimenti, nel silenzio del corridoio, la bidella avrebbe potuto sentire il trascinamento e sarebbe uscita dal bagno a controllare.

Elisabetta Andreis Corriere della Sera

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- Post Attilio Paparazzo

Poi arriva il clamore mediatico e la ricerca delle responsabilità, queste andrebbero ricercate prima che accadano drammi come quello di Milano. Ora soltanto un rispettoso e affettuoso silenzio accanto alla famiglia e alla sua scuola

- Post Pina Branda

La tragedia di Milano mi tocca particolarmente. Naturalmente il primo pensiero va al piccolo, che spero tanto possa riprendersi presto, e alla sua famiglia: non oso neppure immaginare come si possano sentire. Ma proprio non ce la faccio, non riesco a non mettermi nei panni del dirigente scolastico, del personale ausiliario e soprattutto dei docenti di quella classe.

Quando accadono le tragedie, si cerca un colpevole. Funziona così. E allora tutti a dire che un bambino a 6 anni va vigilato, che non si manda in bagno da solo. Peccato che l’insegnante ne ha altri 20 (se è fortunato) da vigilare. Peccato che i tagli alla scuola pubblica abbiano ridotto drasticamente, negli anni, le ore di compresenza, quelle di sostegno e anche il numero dei collaboratori scolastici (bidelli). Peccato che se un insegnante si azzarda a negare il permesso di andare in bagno fuori dalla ricreazione ad un alunno, viene immediatamente richiamato dalla famiglia il giorno dopo... peccato che... potrei andare avanti all’infinito. Prima di giudicare e di trovare il colpevole, pensiamo a questi docenti che oltre al dolore (sì, il dolore, perché gli insegnanti soffrono se accade qualcosa a un loro alunno), dovranno affrontare processi, difendersi dal reato di culpa in vigilando (minimo) e risarcire chissà quale cifra. Pensiamo che se avessero lasciato sola la classe per portare l’alunno in bagno e fosse successo qualcosa agli altri, ora cosa staremmo a dire? Pensiamo... pensiamo che c’è gente che ogni mattina si alza e si prende la responsabilità dei nostri figli per uno stipendio irrisorio, con pochissime tutele e rischi elevatissimi. Pensiamo a loro con più rispetto, almeno!

- per saperne DI PIU’: "Chi deve sorvegliare gli alunni alle scuole elementari" - un articolo di Valentina Santarpia

Ogni istituto assegna compiti diversi a docenti e bidelli ma c’è solo un collaboratore scolastico ogni 60 studenti. Vecchi e su più piani, meno del 50% degli edifici è sicuro

clicca qui: Chi deve sorvegliare gli alunni alle scuole elementari

Data ultima modifica: 22 ottobre 2019