"Il Sud rinascerà grazie alla scuola": lettera al procuratore Gratteri

“Il Sud rinascerà grazie alla Scuola”, la bellissima lettera di una prof al procuratore Gratteri

Mi chiamo Graziella Tedesco, ho 51 anni e sono una insegnante di scuola primaria. Vivo con il trolley attaccato alle costole dal 1991 ed esattamente da quando, giovane come l’acqua, dovetti imbarcarmi su un treno e scappare al Nord Italia per salvare mia madre da morte certa.

Dovemmo andare via perché due illustri medici operanti nelle strutture sanitarie della città le diagnosticarono una falsa malattia degenerante e dopo averci prosciugato quei quattro risparmi che avevamo in posta, intendevano intervenire chirurgicamente. I viaggi della speranza durarono 4 anni e tutto si risolse con un leggero sedativo, mia madre altro non aveva che una leggera depressione mascherata che somatizza va in un organo del suo corpo. Quando tornammo dal Veneto mio padre che intanto in questi 4 anni di assenza mia e di mia madre si fumo la vita per l’ansia ed il dispiacere, morì per un cancro ai polmoni. Mentre lo seppellivo sentivo che io e la mia famiglia avevamo subito una profonda ingiustizia, un torto profondo perché quello di mia madre era un caso di truffa e di malasanità. Il tempo che passammo in giro per gli ospedali del Nord Italia per curare una depressione mascherata, uccise mio padre.

Eravamo giovani io ed i miei fratelli ed avevamo bisogno ancora della guida paterna. Mi rattristai molto e cominciai a stare un po’ da sola, ovviamente, come ogni storia di degrado culturale che si rispetti, divenni vittima di bullismo, mia madre, che ben conosceva, l’ambiente e la cultura arcaica ed ancestrale, in cui ci muovevamo, mi mise su un treno e mi rimandò al Nord stavolta per togliermi dall’ambiente e farmi inserire nel mondo del lavoro. Mi sono impegnata e con sacrificio distinta per preparazione e professionalità e pensai bene dopo 15 anni di tornare a lavorare temporaneamente nella mia città d’appartenenza.

Mi mossi con lo stesso spirito e la stessa forza ed energia che mi contraddistinguevano al Nord Italia e ottenni sia dal punto di vista professionale che umano delle belle gratificazioni. Il mio però è un paese che non dimentica, si dice che i Reggini abbiano la memoria di un elefante e lo stile di vita a volte gretto e meschino lo ritrovai. Ho sempre pensato che il problema grosso della mia città sia la mancanza di cultura ma non quella accademica ma quella del cuore e dell’educazione.

Il problema della mia città è educativo. La sopraffazione del più debole, in realtà, nasce da una mancanza di libertà, chi tende a schiacciare l’altro, non lo fa perché è più forte, lo fa perché è più schiavo. Un uomo libero non ha bisogno di martorizzare nessuno, un uomo libero non ha bisogno di calpestare per dimostrare che esiste, per dimostrare di essere al mondo.

Se, però, questo è l’atteggiamento che caratterizza molti miei concittadini, vuol dire che alla base, alla radice, qualcosa li ha schiacciati e resi schiavi e gli schiavi spesso reagiscono diventando carnefici a loro volta. Nessuno ha mai educato queste persone alla libertà del cuore e della mente, nessuno li ha Riconosciuti come uomini e come donne libere.

È questo il problema culturale della mia città, quello che sta alla base del malaffare e dell’imbroglio. È come una catena che non si spezza mai, è questa base non culturale che consente a medici imbroglioni e privi di scrupoli di frodare i più deboli. Li frodano e li imbrogliano perché non riconoscono all’altro la DIGNITA’ di persona.

Questo avviene in tutti i campi ed i settori, la mancanza di Riconoscimento, provoca iniquità, da essa scaturisce l’ingiustizia, la quale a sua volta produce sofferenza, dolore e rabbia a molte famiglie ed a molte persone. E’ un circolo vizioso, è come un cane che si morde la coda, chi non viene riconosciuto spesso reagisce e se non possiede degli strumenti umani e culturali adeguati, si trasforma e da vittima diventa carnefice.

Sono rimasta molto colpita dalle parole del Procuratore Nicola Gratteri quando dopo l’ultima operazione anti ‘ndrangheta ha detto ai media: ”Noi abbiamo fatto il nostro dovere adesso sta alla scuola e alle istituzioni, coprire il vuoto che abbiamo creato”.

Ora, a mio avviso, alla rivoluzione giudiziaria del Procuratore Gratteri dovrebbe seguire una “rivoluzione culturale” ma non nel senso politico del termine, non mi riferisco alle rivoluzioni marxiste, penso alla rivoluzione educativa che dovrebbe investire tutta la nostra terra e forse, tutto il territorio nazionale. La questione dell’Emergenza educativa, a mio avviso, non si risolve adottando questa o quella nuova metodologia d’apprendimento anche perché l’unica competenza che va acquisita e proposta è quella del RICONOSCIMENTO di se stessi come uomini e donne indipendentemente dai risultati ottenuti o dalla classe di provenienza.

Se a me viene riconosciuta la dignità di persona, io automaticamente la riconosco all’altro e se la riconosco all’altro e sono un medico o un architetto o un avvocato, non gli frodo i soldi e non lo riduco alla disperazione. Il riconoscimento della persona e della sua sacralità diventerà dunque come una catena che non si spezzerà mai, è questa la Rivoluzione che si dovrebbe perseguire.

Ora, quando questo tipo di educazione, non passa dalle famiglie, dovrebbe passare dagli enti educativi, quali la scuola, le parrocchie, gli oratori, i centri sportivi. Non mi si venga a dire che tutto ciò è passato negli anni scorsi, altrimenti non avremmo avuto ANCHE medici asini e truffatori, architetti che fanno crollare i ponti e zoticoni che bullizzano i più deboli.

Io, però, in quest’anno di permanenza al Sud, un’aria nuova l’ho respirata nelle scuole dove ho lavorato. Nell’ottobre del 2018, sono stata assegnata a due scuole una cittadina e una di periferia, in entrambe ho visto colleghe lavorare duramente, con competenza e professionalità ed ho visto dirigenze preparate e combattive anche se mi colpì molto la scuola di periferia, la Telesio_Montalbetti.

Quando entrai nella scuola per prendere servizio, nell’attesa di essere ricevuta dal Capo di Istituto, mi guardai intorno e vidi un ambiente, nuovo, sano, pulito, pieno di arredi tecnologici e musicali, andai in bagno e mi specchiai nel pavimento per quanto era igienizzato, comunque, venni accolta con un sorriso dalla dirigente e mi venne conferito il mandato. In quella scuola compresi a fondo il concetto di RICONOSCIMENTO e anche di integrazione. Vidi scarpe e calzini volare erano quelli dei bambini che se li sfilavano perché non erano abituati a portarli e vidi insegnanti raccogliere con calma i calzini e le scarpe e rinfilarli con dolcezza ai piccoli che se li erano tolti. Vidi gli stessi bambini in piedi sulle sedi e rividi le stesse insegnanti portarli giù con tenerezza e bontà di cuore. Con la Dirigente e le colleghe facevamo discutevamo moltissimo nei consigli di classe per cercare una soluzione alle scarpe, ai calzini e sedie.

Dopo discussioni lunghe e piene di contenuto, si usciva da quell’aula sempre con una soluzione vincente. Una strategia che mi colpì una sera, fu quella di dirottare un bambino dai calzini volanti, verso la squadra di pallone seguita e allenata da un insegnate della scuola. Mi ricordo che dopo tre mesi il piccolo in questione non solo non si tolse più le scarpe e non si arrampicò sulle sedie, ma seguì con profitto e successo le lezioni proposte dagli insegnanti. Seppi in seguito che uno di questi bambini di diversa etnia giocava nella giovanile di una famosissima squadra di calcio nazionale. Compresi appieno in quella scuola di periferia il concetto inviolabile di Riconoscimento della sacralità della persona umana, l’ho visto camminare sulle gambe di una Dirigente che lottava con le unghie e con i denti per garantire a tutti pari opportunità, soprattutto agli umili e ai più deboli.

L’ho visto nelle sue lunghe e interminabili ore di lavoro, nei corsi di perfezionamento che proponeva agli insegnanti e nei suoi panini mangiati al volo durante la pausa pranzo. Ora, io non ho un concetto marxista della storia, forse ho un concetto messianico ed escatologico, credo che i cambiamenti partano dal basso e che comportino fatica, sacrifici e rinunce.

Non lasciamo soli i bravi dirigenti, i bravi medici, i bravi architetti, i bravi operatori di giustizia, i bravi insegnanti, i bravi padri di famiglia, i bravi imprenditori e le brave persone perché Cristo si manifesta nella Storia dell’uomo non con trombe e con cembali, ma attraverso persone concrete. La scuola, la cultura, l’educazione, le società, hanno bisogno di un concetto cristiano della Storia, perché esso riconosce l’uomo come essere sacro, portatore di principi e valori inalienabili. L’uomo riconosciuto in questi termini è colui il quale si muove per realizzare progetti di salvezza e di speranza. Non lasciamo dunque sole, queste persone che tale idea e non idea le la incarnano e la vivono concretamente nelle azioni di tutti i giorni anche saltando il pranzo e mangiando un panino al volo.

Graziella Tedesco - www.oggiscuola.com 03 01 2020

Data ultima modifica: 24 gennaio 2020