La scuola cambia battendo la povertà educativa, non addossiamo le colpe ai docenti

Caro Riccardo Iacona,

il racconto di Presa Diretta sulla scuola italiana sconta una evidente, anche se sottaciuta, impostazione ideologica dove a farla da padrone sono il modello aziendalista e la “ambigua” rincorsa al merito, dimenticandosi completamente della centralità degli art. 3 e 34 della nostra Costituzione.

Senza riprendere quanto già ampiamente precisato da Roars sull’esattezza dei dati Ocse-Pisa riportati dalla trasmissione e anche sulla loro affidabilità, la trasmissione indica chiaramente la strada dell’educazione all’adattabilità e alla flessibilità come la giusta mission del Sistema d’Istruzione. Per parafrasare una citazione di Montaigne a cui si ispira la riforma dell’insegnamento di Edgar Morin, alle teste “ben addestrate” per lavorare, preferisco quelle “ben fatte” per pensare!

Inoltre, la retorica dei docenti demotivati, frustrati e che non si aggiornano perché sottopagati, non regge alla prova dei fatti e fa male alla scuola italiana. I docenti sono giustamente molto arrabbiati perché vengono pagati molto poco e perché spesso sono precari e vivono molto lontano da casa.

Ma tutt’altro che demotivati. Anzi, la loro frustrazione nasce proprio dalla loro grande motivazione. È la frustrazione di chi fa scuola in contesti difficili, senza strutture, materiali e attrezzature adeguate, in classi molto numerose e edifici fatiscenti. È la frustrazione di chi sa che l’accesso a scuola è “separato” e che non vengono dati a tutti gli studenti le stesse possibilità e opportunità di successo formativo, perché diverse sono le situazioni di partenza (come spiega bene questa recente ricerca del Politecnico di Milano).

E se diverse sono le situazioni di partenza, forse proprio da quei contesti dobbiamo partire per invertire la rotta con una iniezione di risorse e investimenti “ordinari” in grado di aumentare l’organico e implementare il tempo-scuola.

Se pensiamo poi che la ricetta giusta sia la selezione e assunzione del personale docente da parte dei Presidi, allora siamo davvero molto lontani dalla scuola che ho in testa democratica, plurale, inclusiva, equa e di qualità.

In questi primi mesi di questa mia esperienza di governo, avendo avuto modo di entrare in molte scuole d’Italia e di incontrare centinaia di studenti, docenti e presidi, mi sono convinto che la vera emergenza della scuola italiana è l’emergenza del paese e si chiama povertà educativa.

Non esistono soluzioni da bacchetta magica, ma è necessario uno straordinario impegno di tutti i livelli del governo italiano per contrastare questo fenomeno e far tornare a essere la scuola il fulcro del percorso di emancipazione, di riscatto sociale e di crescita culturale e personale delle giovani generazioni.

La scuola italiana oggi sembra premiare chi ha talento e chi proviene da un contesto familiare e sociale non deprivato e interessarsi troppo poco di tutti gli altri. Così non si riducono le diseguaglianze, ma si riproducono e in taluni casi addirittura si rafforzano.

La scuola, la più grande e diffusa infrastruttura pubblica del Paese, la più capillare e la meglio radicata rischia così di perdere la sua funzione di principale leva sociale del Paese per ridurre le diseguaglianze e promuovere l’inclusione sociale.

La scuola italiana è davanti a un bivio tra rinnovamento radicale e pericolo di divenire strumento di esclusione e frammentazione sociale. Se l’istruzione vuole tornare a essere un fattore di emancipazione e di attivazione dell’ascensore sociale, nel rispetto dell’art. 3 e 34 della nostra Costituzione, non dobbiamo permettere che esistano scuole di “seconda scelta” e studenti di serie B.

Addossare le “colpe” di tutto questo ai docenti demotivati è davvero molto falso e ingeneroso. Ben vengano allora le didattiche attive, le avanguardie educative e le competenze trasversali, ben venga la scuola-comunità come centro culturale e formativo di una intera comunità, e non mi stancherò mai dirlo, ben vengano gli studenti al centro del sistema d’istruzione, protagonisti del loro apprendimento, autonomi, responsabili e attivi.

Se tutto questo, però, non perde di vista la possibilità di offrire le stesse possibilità e opportunità a tutti, soprattutto ai “privi di mezzi” culturali, economici e sociali.

Beppe De Cristofaro - Sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca -Huffingtonpost 02 03 2020

aggiornamento QUI Iacona risponde a De Cristofaro

Data ultima modifica: 2 marzo 2020