LA STORIA: "Noi cavie, dell’istruzione"

Il decreto scuola certifica l’esclusione degli insegnanti in attesa di stabilizzazione, e di un concorso ancora senza data. A colloquio con Pasquale Vespa, dell’Associazione nazionale docenti per i diritti dei lavoratori

Pasquale Vespa è un insegnante di Napoli, fondatore e presidente dell’Associazione nazionale docenti per i diritti dei lavoratori, punto di riferimento per molti precari della scuola, e organizzatore della manifestazione dello scorso 4 giugno a Roma della categoria. Ora l’appuntamento con lo sciopero convocato dai sindacati.

Ci sarà la sua adesione oggi?

Assolutamente sì. Questo sciopero riguarda anche noi precari, e mette in evidenza l’inadeguatezza dell’attuale dicastero dell’Istruzione, ancor più dopo il decreto divenuto legge, dove i grandi assenti siamo noi. Aderisco e sono convinto delle motivazioni di questa giornata, in particolare quando si indica “un necessario potenziamento dell’organico del personale docente”. Un messaggio caduto nel vuoto.

Lo scorso giovedì avete coordinato la manifestazione dei precari a Roma, pochi giorni dopo un voto al Senato sul decreto scuola che ha riguardato direttamente il mondo del precariato, in particolare con le modifiche al concorso straordinario. Quale è stata la reazione?

Di delusione, rabbia, amarezza, perché è un voto che arriva dopo che sui nostri punti avevamo raccolto l’adesione di quasi tutto lo scacchiere politico, e dopo cinque anni di battaglie, cominciate quando Renzi affermava che i precari non esistevano come categoria, che non eravamo mai entrati in una classe, mentre in realtà siamo docenti con tutti i doveri, ma con pochi diritti. Gli emendamenti e i sub-emendamenti, in particolare quest’ultimi da noi proposti e discussi con varie forze politiche, sono stati bocciati in dirittura d’arrivo, all’ultimo giro di lancetta.

Quali sono le vostre richieste?

Nell’emendamento e nei sub-emendamenti si faceva riferimento al G36, la graduatoria di 36 mesi, che per la normativa scolastica significa tre anni con almeno 180 giorni annuali di servizio. Ecco, quello che abbiamo chiesto prima di tutto è la formazione e la stabilizzazione per i docenti che hanno raggiunto questi 36 mesi di servizio, insieme al Percorso formativo attivo (Pfa), così da poter inserire a regime tutti coloro che avessero conseguito tali requisiti con contratto a partire dal prossimo 1° settembre, con un primo anno di formazione in itinere, e una prova conclusiva a fine anno. Non ci sembrava di chiedere cose assurde, ma di aver indicato una strada chiara e lineare. Sembrava che le cose andassero in questa direzione, poi qualcosa si è inceppato, come sempre accade. Quando si farà il concorso? Ci è stato detto “quando le condizioni epidemiologiche lo consentiranno”. Allo stato dei fatti, non è una risposta accettabile.

Il primo di settembre ricominceranno le scuole...

Appunto. E ci chiameranno ancora una volta a tappare i buchi, a salvare l’anno scolastico a quello Stato che senza mezzi termini ci utilizza come cavie, a far funzionare la scuola tra mille difficoltà. Non si sa quando si farà il concorso e accederemo come precari, a tempo determinato; poi ci sarà il concorso, bisognerà nominare le commissioni di valutazione, poi le correzioni, quindi ci sarà la retrodatazione in termini giuridici ed economici...

Ma quando ci sarà l’immissione in ruolo? Eppure noi lavoriamo, in molti lo fanno da anni, e tutto questo pare non contare nulla. Eppure non è un nostro vezzo chiedere la stabilizzazione, perché lo stabilisce la direttiva europea 1999/70/CE, e il decreto legislativo dello Stato italiano 368/2001, nel quale si afferma che dopo 36 mesi di servizio debba scattare l’assunzione per ogni categoria di lavoratori. Tra l’altro, nel ’milleproroghe’ è stato scritto che chi acquisirà 36 mesi di servizio entro dicembre 2020 verrà stabilizzato. Evidentemente vale per tutti, tranne per noi precari della scuola. Altrettanto evidentemente, ci troviamo di fronte a una lotta ideologica nei nostri riguardi, come se qualcuno faticasse ancora a superare le posizioni della “buona scuola” di Renzi. Francamente, molti di noi si sentono umiliati.

Anche i precari si sono trovati impegnati in questo anno scolastico anomalo, che proprio oggi chiude i battenti. Che esperienza è stata quella del secondo quadrimestre, segnato dal Covid-19?

Un periodo difficile, per studenti e insegnanti. Abbiamo dovuto trovare soluzioni improvvise, a volte improvvisate, senza mai ricevere direttive chiare in merito, che anzi spesso si contraddicevano. Non si poteva che ricorrere alla didattica a distanza, ma pensare di continuare a utilizzarla in maniera preminente anche nel prossimo anno scolastico, o ipotizzare il plexiglass tra uno studente e l’altro, non fa altro che confermare l’approssimazione con cui si muove il ministro dell’Istruzione in questa fase. Anche per questo aderiamo allo sciopero.

collettiva.it - Un articolo di Emiliano Sbaraglia

#scuola #precari

Data ultima modifica: 8 giugno 2020