STATI UNITI: Frottole virali, numeri reali

FROTTOLE VIRALI, NUMERI REALI

Bugia. Fanfaluca. Fandonia. Frottola. Balla (uso figurato).

Anche ieri, ancora una volta. Una dichiarazione che non corrisponde alla “realtà dei fatti”. Secondo il presidente, gli Stati Uniti hanno “uno dei tassi di mortalità più bassi al mondo”. Non è vero.

I dati della Johns Hopkins University indicano tutt’altro. Tra i venti paesi più colpiti a livello globale dal coronavirus, gli USA sono al 2° posto. E in totale sui 165 censiti dalla prestigiosa Università, sono al 9° posto. La Cina – di cui alcuni mettono in dubbio l’affidabilità nel riportare i contagi - è al 132°. Anche ieri, mercoledi, nuovo ennesimo record qui: oltre 60mila nuovi contagi.

Mi fermo con i numeri. Parlano da soli. E confermano una tendenza all’aumento in tutti quasi tutti gli States.

Il presidente insiste: 55 milioni di ragazze e ragazzi (sì, così tanti) tornino a scuola a settembre. Il paese deve ripartire. È il suo mantra: ripresa economica a ogni costo.

Un imperativo politico per conquistare la sopravvivenza politica. E arginare il crollo indicato dai sondaggi, comunque da prendere con estrema cautela.

Il presidente minaccia di tagliare fondi federali alle scuole che non riapriranno o si organizzeranno con lezioni on-line.

La sua ira ha costretto la sua stessa agenzia federale per la sanità pubblica (CDC) a promettere nuove linee-guida per le istituzioni scolastiche. Cioè a rimangiarsi pubblicamente quelle appena annunciate.

Persino la sicurezza degli studenti nelle scuole – un diritto fondamentale – è diventata oggetto di questo lacerante tiro a una fune che sta spezzando il Paese.

Prima il lockdown. Poi la mascherina. Quindi le proteste. Ora la scuola.

Un’America mai così spaccata. Sembra un risiko assurdo sulla pelle delle persone. Prudenza contro negazionismo sanitario (“è solo un’influenza”). Cautela contro menefreghismo (“tanto ora si muore meno”).

Una battaglia auto-lesionista combattuta sulla faglia rosso-blu, repubblicani vs democratici, lungo i confini incerti e cangianti della mappa del coronavirus.

Prima il COVID19 ha piagato gli Stati progressisti del nord-Est e la California. Ora sembra punire la Bible Belt e la Sun Belt (e la California, ancora), le fasce del conservatorismo religioso e dell’estate perenne del Centro-Sud. Cioè, gli Stati e le contee dove l’affrettata riapertura di maggio è avvenuta in barba alle precauzioni.

Intanto l’assalto alla realtà oggettiva si fa sempre più sfibrante. Il conduttore della trasmissione politica più seguita delle ultime settimane tra le “Cable News” americane (su FoxNews), afferma che “non vi è alcun fondamento scientifico che giustifichi l’uso della mascherina”.

Nei supermercati, i dipendenti spesso afro-americani o ispanici – cioè i più colpiti dal Covid19 – implorano i clienti “patriottici” di indossarla. Le reazioni, altrettanto patriottiche, sono talvolta violente, ciniche, assurde. Spesso immortalate con un telefonino e subito diffuse sui social media. Ne circolano a bizzeffe.

Non indossare la mascherina sta diventando sinonimo di uno status-quo. Un’ostentazione di appartenenza identitaria, quasi un gadget elettorale da sfoggiare in faccia alla salute degli altri. Almeno per una parte degli americani. Che appare però sempre più in netta minoranza. E non lo dicono i sondaggi. Lo dice il buon senso.

Si pensi alla clamorosa marcia indietro del Texas. Uno dei primi ad alleggerire le restrizioni. Il governatore è stato costretto (dalla realtà oggettiva dei fatti, quella di cui sopra) a cambiare idea.

I dati nel secondo Stato più popoloso degli Usa (30milioni d’abitanti, mezza Italia) tracciano un quadro nefasto. A Houston le unità intensive degli ospedali si avvicinano al limite delle capacità. Per questo è stata cancellata la convention repubblicana. Mentre il presidente – sempre senza indossare la mascherina - tra due giorni terrà un altro comizio elettorale di persona.

Il suo primo raduno post-Covid in Oklahoma quasi un mese fa si è rivelato disastroso. Non solo per le presenze scarse. Ma perché proprio molti di quelli che c’erano ora sono positivi al COVID19.

Avevo visto i sostenitori del presidente e i dimostranti anti-razzismo urlarsi slogan contrapposti, uno in faccia all’altro, quasi tutti senza mascherina (vedi VIDEO).

C’è qualcosa che non quadra in tutto questo. È solo una percezione, in questo caso non suffragata da dati scientifici consolidati. Una sensazione, forse sbagliata. Ma pare di assistere a un tentativo di manipolazione ai fini elettorali della più devastante crisi economico-sanitaria degli ultimi anni negli Stati Uniti. Col rischio di un clamoroso fallimento. A danno degli americani. Molti sembrerebbero averlo intuito. I risultati delle presidenziali dovranno essere, quelli sì, rigorosi come quelli scientifici.

Tranquilli, non arriveranno la notte del 3 novembre, come da calendario. No. Ma ne parliamo un’altra volta.

Emiliano Bos Corrispondente RSI-RadioTv Svizzera in USA 09 07 2020

Data ultima modifica: 9 luglio 2020