La fuga di cervelli vale 21 volte più del taglio dei parlamentari
In cinque anni l’emigrazione dei laureati italiani è costata 10,6 miliardi. Una cifra superiore alle singole spese per i provvedimenti-simbolo del governo Lega-5stelle
Nella prima metà del decennio la fuga dei cervelli italiani all’estero è costata oltre 10 miliardi. Una misura della spesa “inutile” sostenuta dall’istruzione pubblica a fronte dell’esodo sempre più massiccio dei laureati verso mete più redditizie, dal Regno Unito (prima destinazione dei laureati italiani espatriati nel 2017 secondo l’Istat : quasi 4.300) alla Germania per tacere del resto del mondo. Ma anche dei mancati introiti fiscali generati dai lavoratori più qualificati. Il costo complessivo ? Di più delle singole spese per i due provvedimenti “simbolo” del governo Lega-5Stelle : il reddito di cittadinanza e quota 100. O, se preferite, fa perdere al nostro Paese almeno 21 (ventuno) volte di più di quanto farebbe risparmiare (in una legislatura completa) il taglio dei parlamentari, ritenuto così indispensabile per Di Maio & Co.
Per formare un “cervello” si spendono 153mila euro
Precari, sottopagati. Spesso costretti ad accontentarsi di impieghi poco qualificati rispetto al percorso formativo. La storia è nota in un Paese sempre più ostile ai laureati dove istruzione e lavoro sembrano costituire mondi paralleli. L’Italia forma i suoi giovani più promettenti ma, in definitiva, non crede nelle loro potenzialità di professionisti. La fuga dei cervelli è sopravvivenza. Il risultato è accompagnato dal segno meno : quello dei costi. E qui si mette mano alla calcolatrice.
Secondo l’OCSE la spesa pubblica annuale italiana destinata all’istruzione ammonta a 9.300 dollari circa per studente : 8.400 per la scuola primaria, 8.900 per quella secondaria e 11.500 per quella universitaria. Ipotizzando un ciclo di studi regolare (8 anni di scuola primaria, 5 di scuola superiore e altrettanti, mediamente, per l’università) e applicando i dati di cui sopra otteniamo una spesa pro capite per ciascun laureato pari a 169.200 dollari (67.200 per la scuola primaria + 44.500 per la secondaria + 57.500 per l’università). Che al cambio attuale fanno 153.000 euro.
Secondo l’Istat, nel 2017, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati, i laureati italiani che hanno lasciato il Paese per cercare fortuna all’estero sono stati 25.566. Che moltiplicato per 153mila genera un costo di istruzione pari a circa 3,9 miliardi.
Maggiori rischi per la spesa sociale
Ma la cifra, ovviamente, rappresenta solo una parte del problema. Perché i costi della fuga dei cervelli devono tenere conto anche del mancato contributo dei giovani lavoratori che lasciano il Paese. E qui il calcolo si complica. « I costi economici dell’emigrazione altamente qualificata sono assai elevati, poiché diminuiscono il potenziale produttivo e aumentano i rischi di non sostenibilità della spesa sociale » ha scritto oltre un anno fa Francesco Gagliardi, ricercatore dell’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Elaborando i dati disponibili per la prima metà del decennio, Gagliardi ha elaborato così una stima più ampia. E i risultati fanno riflettere.
Tra il 2010 e il 2015 i giovani (under 34) laureati italiani emigrati all’estero sono stati 32.838. Nel medesimo periodo gli stranieri dotati di un titolo universitario che si sono trasferiti in Italia sono stati meno di un sesto : circa 5mila. Ed è proprio questo saldo negativo più che il dato sul valore assoluto (inferiore, per capirci, a quello registrato da Francia o Regno Unito) a rappresentare, sottolinea il ricercatore, il vero problema del flusso italiano.
Il costo reale della fuga dei cervelli nella prima metà del decennio supera quelli del reddito di cittadinanza e di quota 100. E crea un danno di 20 volte superiore del guadagno promesso con il taglio dei parlamentari.
Il costo reale supera i 10 miliardi
La stima sui costi di istruzione, secondo Gagliardi, ammonterebbe a 121.500 euro pro capite, un dato inferiore alla stima OCSE. Ma la sua analisi tiene anche conto delle mancate entrate fiscali sui cervelli all’estero, « pari, al netto delle spese sociali, a circa 201mila euro » nel corso della cita lavorativa.
Moltiplicando tra loro i fattori, il costo reale dell’esodo per la prima metà del decennio sfiora così i 10,6 miliardi.
A questo punto, per fare la comparazione basta sfogliare le cifre messe a bilancio nell’unica Finanziaria del governo Conte. La fuga dei cervelli costa ben più di quanto necessario per finanziare il reddito di cittadinanza sono stati necessari 7,1 miliardi ed è pari a più del doppio dell’esborso imposto dall’introduzione di quota 100 (4,7 miliardi). Un provvedimento, quest’ultimo, che ad oggi avrebbe generato – secondo l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro – benefici praticamente nulli per i giovani più qualificati. Avrebbe cioè permesso solo l’uscita anticipata di qualche aspirante pensionato, senza favorire turn-over con menti fresche. Laureate o meno che fossero…
Un articolo di Matteo Cavallito - 29 07 2019 Valori.it