Da Barbiana alle Scuole Popolari NonUnodiMeno

Dalla Scuola di Barbiana alle Scuole Popolari

Quella dell’ Associazione NonUnodiMeno è un’esperienza ormai decennale praticata sul campo grazie al nobile contributo di un centinaio di volontari. Docenti in pensione, ma anche docenti universitari, ex dirigenti scolastici, professionisti che hanno portato la concretezza della loro professione, qualche studente e genitore.

Tutte/i senza chiedere nulla, da volontari attivi e determinati, hanno messo a disposizione di migliaia di ragazze/i il loro sapere partendo ognuno da un fermo convincimento: il valore della Scuola della Costituzione - vera architrave, insieme alla Sanità, della nostra Repubblica.

Ecco perché noi lavoriamo con le Scuole Popolari all’interno della Scuola Pubblica Statale in collaborazione con Collegi Docenti, Consigli di Classe, Dirigenti Scolastici, Consigli d’Istituto perché collaborando o magari inserendo nel Ptof il Progetto NonUnodiMeno succede che sia la scuola stessa a porsi il problema della Dispersione Scolastica e dell’Abbandono affiancando il nostro lavoro volontario con i propri docenti.

L’ultima interessante sperimentazione che stiamo portando avanti è quella con il Liceo Bottoni di Milano dove la Scuola stessa ci ha chiamato per garantire la Didattica in Presenza attraverso il dimezzamento delle Classi Pollaio ottenuto con una ventina di docenti volontari di NonUnodiMeno che affiancano e non sostituiscono i docenti titolari.

Questa nostra scelta di supportare la Scuola Pubblica Statale si pone su un terreno diverso da altre Agenzie Formative che lavorano fuori o alcune addirittura in alternativa alla Scuola Pubblica. E’ evidente che qui si scontrano due concezioni opposte: una sussidiarietà al servizio del privato o invece un ruolo delle Associazioni o del Terzo Settore come sostegno al Pubblico.

Mi piace ricordare

il Progetto Pilota

a cui stiamo lavorando con le quattro scuole del Quadrilatero della Ghisolfa, tra cui il Liceo Bottoni, per dare vita ad un PRESIDIO TERRITORIALE ovvero ad

un’ALLEANZA SOCIALE CON LE ALTRE SCUOLE DELLA ZONA,

I COLLETTIVI STUDENTESCHI, I COMITATI GENITORI, le ALTRE ASSOCIAZIONI, le ORGANIZZAZIONI SINDACALI

che insieme al livello istituzionale municipale, affrontano le tematiche relative alla salute, ai trasporti, alla sicurezza o all’installazione degli impianti fotovoltaici sui tetti delle scuole.

UNA SCUOLA AL CENTRO DEL TERRITORIO E DELLA CITTA’.

Ma torniamo al senso più profondo delle Scuole Popolari Non Uno di Meno: le nostre radici stanno negli insegnamenti di Don Milani, di Mario Lodi, di Gianni Rodari e del “cafone” Di Vittorio come abbiamo ricordato alla Festa per il decennale della nostra Associazione.

Ma in particolare ci siamo orientati verso l’insegnamento della Scuola di Barbiana partendo dall’affermazione di Padre Balducci “Barbiana acquista il valore di un immensa e mirabile metafora del tempo nuovo”.

A quella Rivoluzione Culturale ci siamo ispirati per rendere attuale il messaggio dirompente di Don Milani. E lo abbiamo non solo enunciato ma concretizzato con una decina di Scuole Popolari che hanno seguito migliaia di studenti partendo in primo luogo dalle scuole della periferia milanese dove abbiamo incontrato gli “scartati”. Ci siamo resi conto fin dall’inizio che non era sufficiente fare semplicemente delle ripetizioni o del doposcuola.

Volevamo costruire un Progetto che andasse alla radice della Dispersione Scolastica e dell’Abbandono e far sì che gli studenti, ma anche i genitori o i docenti diventassero loro stessi protagonisti. Non so se siamo sempre riusciti, ma il successo delle Scuole Popolari lo abbiamo misurato sui risultati dei ragazzi. Dei 108 iscritti alla Scuola Popolare dell’Istituto Cardano prima della Pandemia ben il 93% è stato promosso grazie ai Corsi di Recupero e di Rimotivazione di NonUnodiMeno.

Per andare alla radice bisognava sovvertire le vecchie metodologie, cambiare impostazione, INNOVARE! Alla pedagogia neo-liberista basata sulla concorrenzialità meritocratica bisognava contrapporre un’alternativa: è qui che abbiamo riscoperto il valore dell’Apprendimento Cooperativo, dell’ Educazione tra Pari, del noi al posto dell’io, dell’aiuto reciproco e della solidarietà. Dall’Istituto Cardano l’esperienza si è poi allargata ad altre scuole della secondaria superiore e delle medie.

Fino al febbraio dello scorso anno quando il Lockdown ci ha fermato. La DaD è esattamente il contrario del lavoro di Recupero che abbisogna di una relazione diretta, di un contatto costante con gli studenti, di piccoli gruppi di lavoro che vanno seguiti dal docente per andare incontro anche a chi non ha capito. Ma oggi l’attività di Recupero è ancora più necessaria stante le profonde Diseguaglianze che la Dad ha disvelato accentuando ulteriormente quei ritardi e quelle lacune da parte di quei ragazzi che non hanno avuto la possibilità di collegarsi né di avere alle spalle una famiglia che fosse in grado di sostenerli. E così la distanza tra chi ce l’ha fatta a stare al passo e chi no si è allargata facendo emergere una NUOVA POVERTA’ EDUCATIVA.

La Scuola Pubblica non può essere lasciata sola ad affrontare questa grave EMERGENZA SOCIALE!

Le istituzioni e la Politica sono chiamate a rispondere mentre spesso registriamo un silenzio preoccupante.

Qualcuno ha dimenticato che la Costituzione ha assegnato alla scuola un compito straordinariamente rilevante ovvero “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” (Art. 3) per cui non è accettabile una scuola dove solo uno su tre raggiunge il diploma delle superiori.

Oppure dove, pur prendendo il diploma, in alcuni casi queste ragazze/i non sanno decodificare un testo e comprenderne il significato. Il nostro compito allora è quello non solo di denunciare questa vera e propria “PIAGA SOCIALE” ma di lavorare concretamente perché si inneschino nella scuola dei processi culturali che cambino lo stato di cose presente.

In questo sta il valore culturale delle Scuole Popolari che vanno giudicate non solo per quanti ragazzi riescono a salvare, ma da come cambiano nel medio periodo le culture, i comportamenti appresi e condivisi. Se cioè si innescano delle controtendenze in un istituto professionale dove il 50% dei ragazzi magari viene bocciato nel primo anno delle superiori in una città come Milano.

Allora oggi la scuola tradizionale così com’è è attrezzata a rispondere a questa emergenza sociale, culturale e politica? A questo cambiamento indifferibile? crisi sanitaria, sociale, economica in molti si chiedono se non sia decisivo pensare ad un modello diverso di Sanità e di Scuola capace di affrontare questa crisi.. E così molti sono quelli che si sono resi conto che la Scuola, la Formazione e la Ricerca, sono priorità strategiche che hanno bisogno di straordinarie risorse che possono venire dal Recovery Plan.

Allora noi stessi dobbiamo scavare per capire come essere all’altezza di questa crisi, come innovare. Per esempio oltre a dimezzare le Classi Pollaio, oltre a mettere a disposizione delle scuole decine di migliaia di nuovi docenti a tempo indeterminato attraverso i Concorsi, dobbiamo mettere in discussione proprio la stessa impostazione metodologica tradizionale.

Può essere riproposta ad esempio la lezione puramente trasmissiva, cattedratica che presuppone il ruolo passivo degli studenti ancor più accentuato dalla didattica a distanza? La scuola tradizionale è in grado di mettere in discussione l’intoccabilità dei contenuti, la burocratizzazione sempre più insopportabile, la trasformazione delle scuole in Progettifici che fanno perdere di vista le dinamiche quotidiane della scuola e le storie di ciascun ragazzo/a? L’attenzione dovrebbe essere spostata in questa direzione al fine di motivare lo studente, renderlo un soggetto attivo del proprio percorso scolastico.

E lo stesso modo di lavorare per piccoli gruppi secondo quello che è l’Apprendimento Cooperativo o la stessa Educazione tra Pari sono metodologie che riportano al centro un diverso modo di fare scuola che rimotiva i ragazzi allo studio e al sapere, che cerca di ricollegarli alla vita reale e ai loro interessi.

In loro non c’è solo la mancanza di un metodo ma spesso l’assenza di una prospettiva di vita. La domanda frequente è perché devo studiare, a cosa mi serve.

E’ come se le ragazze/i, soprattutto nei Tecnici o nei Professionali avessero già introiettato la loro condizione di esclusi per cui essi non si pongono l’obiettivo di raggiungere i livelli più elevati di formazione come prescrive la nostra Carta Costituzionale.

Dagli incontri quotidiani emerge un bassissimo grado di autostima. Se si vuole attivare un recupero efficace bisogna partire dal riscatto della considerazione di sé necessaria per sbloccarli, per liberare le loro energie soffocate dalla paura del giudizio o dall’ansia di prestazione. Quando succede il “miracolo” di passare in pochi mesi da un’insufficienza grave a risultati sorprendenti, è perché si è riusciti ad accendere quella lampadina, dimostrando che anche loro possono capire ad esempio la matematica.

STRATEGIA DI RECUPERO: una strategia deve partire perciò dall’attenzione e dalla valorizzazione dei ragazzi con un diverso atteggiamento nei loro confronti.

“E’ la scuola che si mette in gioco e guarda negli occhi il suo scolaro” (Eraldo Affinati)

“E’ la scuola dove nessuno insegna a nessuno, tutti gli uomini e le donne imparano insieme” (Paulo Freire)

L’innovazione nella metodologia parte prima di tutto dal rispetto reciproco, dalla considerazione dell’altro come persona portatrice di valori e anche dalla scoperta di potenzialità che vanno indirizzate. Va attivato un clima di accoglienza dove lo studente possa sentirsi a suo agio in modo da porre con naturalezza la richiesta di spiegazioni. Insomma il nostro stile di lavoro inizia dal rispetto della sensibilità e dei tempi di ciascuno con un approccio aderente alle esigenze degli studenti mantenendo naturalmente la distinzione fra i ruoli.

E ancora la lezione non può essere ridotta a “robetta”: la lezione può essere presentata in modo nuovo, fresco agli studenti senza cadere nella scuola del riciclo, della lezione trita e ritrita, ripetitiva, priva di qualsiasi entusiasmo e tale da generare anoressia intellettuale e profondo distacco da parte degli studenti.

“E’ la curiosità che conduce alla cima, non le gambe”. La scuola fallisce quando il furore nozionistico spegne la fantasia e la curiosità. Il fascino del docente sta nella capacità di appassionare gli allievi allo studio e al dubbio. E’ il tipo di relazione che va cambiato! Non siamo più certo all’interno di una scuola autoritaria e disciplinare (bacchettate sulle dita). Non è più questo tempo!

Siamo in una fase di passaggio: è vero l’allievo non è più una vite storta da raddrizzare da parte dell’insegnante, ma forse sta venendo avanti qualcosa di più preoccupante nella cosiddetta Scuola Azienda. Lo studente, secondo questa impostazione, viene considerato una sorta di macchina che deve esprimere prestazioni adeguate secondo una certa pedagogia neo-liberista. In questo modello l’apprendimento diventa “una sorta di compiuterizzazione delle conoscenze da schiacciare nella testa dei ragazzi. Una piega produttivistica che spesso abbiamo riscontrato nei quiz delle prove Invalsi.

Allora chi non si adegua a queste nuove, inedite forme di performance cognitive, chi non sta al passo del nozionismo dell’era digitale, chi non ha gli strumenti né le competenze, chi ha tempi più lenti di apprendimento viene lasciato indietro, viene disperso. ABBANDONA!!!

Diventa la scuola delle ELITE, di chi può andare avanti perché ha alle spalle i mezzi culturali oltre che economici – per gli altri, per quelli che già ai blocchi di partenza sono indietro, per i diversi, per i problematici, gli sfigati, i rompipalle, i dislessici o gli stranieri per tutte/i loro ci sono, già dalle scuole elementari, le classi ghetto nel 30% dei casi. Cioè le classi omogenee per condizione sociale e culturale.

La scuola per come si presenta oggi è la scuola delle NUOVE DISEGUAGLIANZE DOVE SOLO ALCUNI VANNO AVANTI. Gli altri che si arrangino! E questo viene vissuto come un fatto individuale che riguarda quel ragazzo o quella famiglia. NON DIVENTA UNA QUESTIONE SOCIALE! Così si interrompe quell’Ascensore Sociale previsto dalla nostra Carta Costituzionale e la mobilità sociale diventa una chimera.

E’ la MODERNA SCUOLA DI CLASSE che LETTERA AD UNA PROFESSORESSA AVEVA DENUNCIATO allora e che oggi si ripresenta nella differenziazione sociale delle scuole delle Periferie, nelle scuole della dequalificazione funzionale ad un certo mercato del lavoro.

Certamente le Scuole Popolari non sono sufficienti. Ne siamo consapevoli. Ma come le prime Scuole Operaie a cui partecipai nel 1968 davanti alle fabbriche milanesi si trasformarono poi in quella grande conquista che furono le 150 ore ad opera delle organizzazioni sindacali – oggi avremmo bisogno in egual misura di un grande Progetto, di una Rete Nazionale che, come allora, veda il Sindacato – la Cgil in primis - farsi promotore di una grande Alleanza tra tutte le forze sociali e politiche a cui sta a cuore il futuro del nostro Paese contro ogni forma di ANALFABETISMO E DISPERSIONE.

Proprio su questo – lo voglio ricordare – il Segretario Generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio diede vita negli anni ’50 del secolo scorso ad una grande iniziativa contro l’Analfabetismo di allora.

Forse è venuto il momento di rilanciare con la stessa forza una GRANDE CAMPAGNA DI MASSA in tutto il paese per affrontare con risorse adeguate la POVERTA’ EDUCATIVA E CULTURALE.

Per dirla con Gianni Rodari “dobbiamo imparare a fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco, liberare gli schiavi che si sentono liberi”

GIANSANDRO BARZAGHI

PRESIDENTE ASSOCIAZIONE NONUNODIMENO

Mail: giansandrobarzaghi@gmail.com

Cell: 3387608760

Data ultima modifica: 26 gennaio 2022