SETTE FRATELLI COME SETTE OLMI

"Sette fratelli come sette olmi,

alti robusti come una piantata.

I poeti non sanno i loro nomi,

si sono chiusi a doppia mandata :

sul loro cuore si ammucchia la polvere

e ci vanno i pulcini a razzolare.

I libri di scuola si tappano le orecchie.

Quei sette nomi scritti con il fuoco

brucerebbero le paginette

dove dormono imbalsamate

le vecchie favolette

approvate dal ministero.

Ma tu mio popolo, tu che la polvere

ti scuoti di dosso

per camminare leggero,

tu che nel cuore lasci entrare il vento

e non temi che sbattano le imposte,

piantali nel tuo cuore

i loro nomi come sette olmi :

Gelindo, Antenore, Aldo, Ovidio, Ferdinando, Agostino, Ettore.

Nessuno avrà un più bel libro di storia,

il tuo sangue sarà il loro poeta

dalle vive parole,

con te crescerà

la loro leggenda

come cresce una vigna d’Emilia

aggrappata ai suoi olmi

con i grappoli colmi

di sole..."

Gianni Rodari

Sette Fratelli CERVI

28 dicembre 1943

I Cervi erano arrivati al podere di Praticello di Gattatico alla ricerca di un terreno pieno di gobbe e di buche da livellare per renderlo coltivabile, grazie anche le tante ore trascorse sui libri, nelle pause del lavoro, per imparare le moderne tecniche dell’agricoltura.

Avevano le mucche, allevavano piccioni e le api che producevano un finissimo miele. Avevano comperato il primo trattore della zona ed inoltre avevano piantato per la prima volta in Emilia, l’uva americana. Tutto questo suscitò molte gelosie nel paese, ma soprattutto l’attenzione delle autorità fasciste.

I Cervi erano sempre stati antifascisti, così come il padre Alcide e la madre Genoeffa Cocconi. Con il trascorrere del tempo, divennero sempre più stretti i contatti con il movimento antifascista, così che, già dall’inizio della guerra, la loro casa divenne un rifugio per i prigionieri alleati fuggiti dai campi di prigionia.

Era tra loro il russo Anatolij Tarasov, successivamente fidato compagno dei sette fratelli ed attivissimo partigiano nella Resistenza. Sfiduciato il Duce dai suoi stessi gerarchi, cadde il fascismo il 25 luglio 1943 e la famiglia Cervi organizzò una grande festa, offrendo la famosa pastasciuttata a tutta la popolazione sull’aia della casa. Nelle pentole vennero cotti dieci quintali di pasta e ai Campi rossi giunsero a mangiare i vicini, i parenti, gli amici, i paesani.

La popolarità dei Cervi aveva ormai superato i confini di Gattatico e con l’arrivo dei nazisti in Emilia, la loro cantina ed il loro fienile divennero depositi per le armi dei partigiani che andavano in montagna. Anche loro, seppur per un brevissimo periodo, provarono la via dei monti, dove ebbero contatti con il parroco di Tapignola Don Pasquino Borghi, ma capirono ben presto che la Resistenza in montagna non era ancora sufficientemente organizzata.

Così tornarono ai Campi rossi, poiché ritennero fosse più importante rimanere in pianura e mantenere i collegamenti con i primi nuclei partigiani che via via andavano formandosi, nascondendo le armi e diffondendo la stampa clandestina.

Per diverse settimane il gruppo dei Fratelli Cervi riuscì a mantenere un’intensa attività militare contro i fascisti. I fascisti non tardarono però a stroncare l’intensa attività cospirativa dei Cervi, infatti all’alba del 25 novembre 1943, un plotone di militi circondò l’edificio, in parte incendiandolo ed al termine della sparatoria i sette fratelli, dopo essersi arresi, vennero catturati e condotti al carcere politico dei Servi a Reggio Emilia.

Stessa sorte toccò al padre Alcide che non volle abbandonarli, al compagno partigiano Quarto Cimurri e ad alcuni ex prigionieri alleati, tra i quali Dante Castellucci che si fece passare per francese.

Alla fine la casa della famiglia venne completamente bruciata dai fascisti, con le donne ed i bambini abbandonati in strada.

Papà Cervi era ancora in cella e non fu nemmeno informato quando i suoi figli vennero condannati a morte e fucilati al poligono di tiro di Reggio, alle ore 6,30 del 28 dicembre 1943.

“Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti”. Queste le parole del vecchio “Cide” quando, tornato a casa dal carcere, seppe dalla moglie Genoeffa la tragica fine dei suoi ragazzi.

Data ultima modifica: 29 dicembre 2023